Muore all’improvviso mentre lavora all’interno di un magazzino: per tutti i giornaloni pronta la scusa del caldo estremo

tratto da La Nazione

Trentanove gradi, la temperatura percepita mercoledì scorso a Firenze. Ma probabilmente in quel magazzino l’afa era ancora più opprimente, asfissiante. Sospetta ipertermia, vale a dire l’ipotesi di un decesso a causa (o concausa) del caldo estremo di questi giorni, è quella al momento più probabile per spiegare la morte di Stefano Olmastroni, 61 anni, operaio di una ditta di pulizie, la Labor Service, che lavora per conto di Legnaia 1903, società agricola consortile di Sollicciano, al confine tra Firenze Scandicci, nata sulle ceneri della gloriosa Cooperativa di Legnaia colpita pochi anni fa da un’irreversibile crisi finanziaria e quindi rilevata da un gruppo di aziende operanti nel settore del verde.

La morte dell’operaio risale a due giorni fa, gli accertamenti sono tuttora in corso per ricostruire nei dettagli il tragico episodio. I tecnici dell’Unità funzionale prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (Pisll) hanno sentito nelle ultime ore alcuni testimoni che hanno fornito elementi utili alle indagini. Il magistrato di turno alla procura di Firenze disporrà l’autopsia sulla salma del sessantenne : il primo quesito a cui dare risposte dal punto di vista medico-legale è accertare l’esistenza, al momento soltanto teorica, di un nesso causale tra la morte dell’addetto alle pulizie e le temperature africane in cui l’uomo si è trovato a lavorare mercoledì pomeriggio a Legnaia.

Il malore che nel giro di poco tempo si rivelerà mortale colpisce Stefano Olmastroni verso le 15,30 di due giorni fa. Sta pulendo con un collega un magazzino di Legnaia. All’improvviso si accascia al suolo, ci si accorge subito che la situazione è disperata. Olmastroni viene trasportato da un’ambulanza al pronto soccorso dell’ospedale di Careggi, dove i sanitari gli riscontrano una temperatura corporea di 43 gradi. Gli sforzi disperati di medici e infermieri naufragano davanti alla precarietà delle sue condizioni. Le indagini dovranno accertare, tra gli altri particolari essenziali, se l’operaio soffrisse di patologie pregresse che il caldo infernale mercoledì pomeriggio ha tragicamente aggravato.

Stefano Olmastroni viveva a Ponte a Greve, periferia ovest di Firenze, assieme alla moglie di origine peruviana. La notizia della sua scomparsa ha gettato nello sconforto i colleghi di lavoro della Labor Service e i dipendenti di Legnaia 1903 che ormai lo conoscevano bene. Lavorava nell’azienda di Sollicciano da alcuni mesi, in precedenza aveva lavorato in un grande albergo sorto in una zona dove ancora resistono campi e coltivazioni, a poca distanza dai palazzoni del popoloso quartiere dell’Isolotto. Dolore anche alla Casa del popolo di Ponte a Greve, circolo dove spesso Olmastroni, per gli amici Stefanino, si fermava a fare due chiacchiere e bere un bicchiere con conoscenti e amici dopo aver staccato dal lavoro. “Ieri (mercoledì, ndr) ci ha telefonato il collega che era con Stefano al momento del malore – raccontano ancora commossi dal bar del circolo – per avvisarci della sua morte. Non volevamo crederci, e invece…”.

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