“Non riscriverei quella frase per un solo motivo” Filippo facci e la polemica del giorno sulla ragazza che accusa La Russa jr: chi mi critica non ha nemmeno letto l’articolo

lettera di Filippo Facci a Dagospia.com

Caro Dago,

i weekend estivi con poche notizie sono disperanti, perché costringono a occuparsi anche di spiacevoli sconfitte professionali, e una mi vede nel ruolo di protagonista. La comparsa invece è Sandro Ruotolo, senatore e responsabile informazione del Pd in cattivissima fede,  il quale mi ha attribuito quattro reati sanzionati dal Codice di procedura Penale, ossia: 1) Razzismo; 2) Sessismo; 3) Apologia del fascismo; 4) «Vittimizzazione secondaria» di una presunta stuprata.

Questi reati deriverebbero tutti dal seguente passaggio di un mio articolo pubblicato sabato su Libero: «Una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa». E’ un passaggio stilistico, può non piacere, e la mia sconfitta professionale e il mio dispiacere derivano proprio da questo: dal fatto che ne abbiano fatto un caso senza aver letto l’articolo da cui il passaggio è estrapolato. Chiedo anche a te: tu l’hai letto? Non che lo pretenda.

E infatti la mia sconfitta professionale deriva tipicamente dalla pretesa che i più ti leggano per intero prima di esprimersi, e che magari conoscano i tuoi trascorsi, addirittura i tuoi libri, che abbiano cognizione di causa prima di attribuirti degli odiosi reati: che insomma non ti trasformeranno in carne da cannone per alimentare le polemichette politiche di cui divieni vittima secondaria.

Riscriverei quella frase? No, perché conta un solo fatto: che la frase non ha portato niente di buono e che ha fatto malintendere un intero articolo. La professionalità innanzitutto, l’orgoglio personale poi. Stammi bene.

DALLA DROGA AL RISVEGLIO DUE VERSIONE OPPOSTE

[…] Estratto dell’articolo di Filippo Facci dell’8 Luglio per “Libero Quotidiano”

una ragazza di 22 anni era indubbiamente fatta di cocaina prima di essere fatta anche da Leonardo Apache La Russa (una famiglia, una tribù) e che perciò ogni racconto di lei sarà reso equivoco dalla polvere presa prima di entrare in discoteca, prima di chiedere all’amica «sono stata drogata?» anche se lo era già di suo.

Il resto è un confronto epocale tra maschio e femmina che la Costituzione mette sullo stesso piano, ma la giurisprudenza, ultimamente, un po’ meno. Restano dettagli off the records, tipo che la denuncia era su un giornale prima ancora di essere nella disponibilità cartacea dell’accusato, e che il racconto di lei, per emblematico che sia, sembra un format da movida milanese: il ricordo, quello vivido, è solo di aver bevuto due drink con un ragazzo e poi di essersi svegliata nel letto di lui l’indomani a mezzogiorno; quella che sta in mezzo è l’auto-ricostruzione mnemonica di una 22enne fondata su «sensazioni», in grado, in ogni caso, di finire sulla prima pagina del più diffuso quotidiano nazionale.

Poi è vero, tra il fatto e la denuncia sono passati quaranta giorni – l’ha fatto notare Ignazio La Russa, nel ruolo di padre – ma per la nostra giurisprudenza significa poco: è lo stesso genere di perplessità, pur istintiva, che aveva avuto Beppe Grillo nello scagliarsi contro l’accusatrice di suo figlio Ciro, la quale aveva denunciato uno stupro dopo più di una settimana, solo una volta tornata a Milano, solo prima di proseguire la vacanza per un’altra settimana; le sentenze italiane però spiegano che uno stupro non implica comportamenti codificati, tipo rinunciare al prendersi un po’ di tempo per decidere se denunciare o no.

LA NORMALITÀ DEL MALE

I problemi sono altri. Uno è che, di mezzo, non c’è soltanto la millesima generazione sconosciuta e ultralight, svagata, lontana dai nostri tabù e dal gravoso concetto di «reato»: di mezzo c’è quella normalità del male che sono le droghe da discoteca di oggi – in continua evoluzione – e la scarsa conoscenza che spesso ne hanno giudici, periti e giornalisti; sul Corriere, ieri, c’era un elenco delle «nuove droghe» con una castroneria dietro l’altra: le benzodiazepine per dormire erano definite «droga dello stupro» (ma vale solo per il Rivotril, un antiepilettico, non certo per i diffusissimi Tavor, Xanax, Lexotan, Valium, En) con menzione d’onore per la star mediatica degli ultimi anni, il Ghb, un derivato aminoacidico presente nelle tabelle delle sostanze psicotrope da 22 anni e che è piuttosto difficile che «non faccia ricordare niente fino al giorno dopo» (amnesia anterograda) perché, nel caso, bisogna assumerne una tonnellata e finire in uno stato comatoso che è tipico dei vecchi anestetici.

Nella tabella delle «droghe sintetiche» del Corriere non compare giustamente la cocaina (che non è sintetica) anche se è l’unica droga che di sicuro ha fatto la sua comparsa, visto che la ragazza l’ha assunta prima di entrare in discoteca- come appurato da un esame tossicologico fatto alla clinica Mangiagalli. Ma anche qui bisogna vedere, perché le sostanze da taglio della cocaina – che neppure i medi spacciatori conoscono – possono essere anfetaminiche o anestetiche, quindi avere effetti opposti e reattività diverse all’alcol, che pure, il Corriere, spiegava essere «la sostanza più spesso effettivamente correlata a casi di violenza sessuale».

Dunque a seconda del tipo di cocaina – stiamo parlando di schifezze illegali, ricordiamolo – si avrà una reattività diversa con eventuali «droghe dello stupro», che pure, per ora, sono esistite soltanto nelle ricostruzioni mnemoniche fatte dalla ragazza: «Raccontami di ieri, sono stata drogata?» chiede lei all’amica, una volta svegliatasi nel letto di Apache La Russa, «penso ti abbia drogata», risponde l’amica. Ma l’unica certezza sarebbe stata questa: «Ti era drogata da sola, anzitutto».

LE DIVERGENZE

Il resto fa parte di una proiezione che non possiamo sapere quanto vera e quanto fantasticata: «Non mi ascoltavi, poi sei corsa via», le ha riferito ancora l’amica, «stavi benissimo fino a prima che ti portò il drink», le ha riferito ancora l’amica, prima di vederla baciare Leonardo La Russa in discoteca, altra certezza. Sappiamo che il giorno dopo lei fu «spaventata» e «presa dalla vergogna», e che, a suo dire, nel salutarla, Leonardo la «baciò contro la mia volontà», però lei non disse nulla «per paura».

Il racconto di lui è più banale: lei venne spontaneamente a casa di lui, passarono la notte assieme e, a mezzogiorno del giorno dopo, si salutarono senza problemi.

La banalità del bene. È pieno di vecchi film dove lui o lei si svegliano in letti sconosciuti, ricordando a malapena il proprio nome ma non che cosa abbiano fatto e con chi:nei vecchi film c’era sempre di mezzo una sbronza, e la verità la sapeva soltanto lo spettatore. Oggi invece si parla di Ghb, e la sgradevole sensazione è che la verità possa essere drogata e stuprata dalla politica.

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