Perché al funerale di Berlusconi c’era solo Viktor Orbàn tra i premier europei in carica? Mentre gli editorialisti sparano idiozie, lo storico cronista di Sky Sport centra in pieno la motivazione

di Lucio Rizzica da Facebook

Il premier ungherese Viktor Orbàn era presente nel Duomo di Milano per i funerali di Silvio Berlusconi. Dei leader del G8 invece non c’era nessuno, hai visto mai che potesse indispettirsi Washington e poi anche Zelensky… Che meschinità… E che schiena dritta il premier ungherese.

di Lorenzo Castellani per Quotidiano Nazionale

Berlusconi è stato un uomo di governo tra i più longevi del panorama occidentale e una delle personalità più importanti della politica internazionale. Ha tenuto a battesimo G7 e G8, meeting di primo livello, è stato uno dei massimi esponenti del popolarismo europeo, l’uomo che ha portato Mario Draghi alla Bce e il leader che, anche nei momenti di attrito, è sempre stato leale all’Europa come ha testimoniato il suo sostegno ai governi tecnici di Monti e Draghi.

Fa dunque specie che al suo funerale di stato ci fossero così pochi capi di stato e di governo stranieri ad omaggiarlo. L’ungherese Orban, l’Emiro del Qatar, il presidente iracheno e pochi altri capi di stato stranieri sono venuti al funerale di Berlusconi. In rappresentanza della Commissione Europea c’era soltanto Paolo Gentiloni, presente per altro anche in veste di ex premier, mentre Ursula Von der Leyen, che presiede la Commissione anche con i voti di Forza Italia, non si è presentata. Certo Berlusconi ha avuto molti nemici politici eppure oggi la destra di cui ha fatto parte il Cavaliere governa in gran parte d’Europa. Ed è vero che ci sono nuove generazioni di politici che con Berlusconi non hanno mai avuto a che fare, ma queste assenze mostrano quanto sia stato difficile per i capi politici stranieri capire un figura come quella del fondatore di Forza Italia. È colpa delle controversie giudiziarie in cui è incappato Berlusconi, delle gaffes politicamente scorrette in un mondo che utilizza altri metri morali, dell’inevitabile perdita di peso politico nella parte finale della sua parabola e anche di una stampa estera che è stata severa e continua ad esserlo, forse ai limiti dell’ingiusto, anche nel valutare l’eredità politica del Cavaliere.

C’è la corsa in questi giorni sui media internazionali nel bollare Berlusconi come precursore di Trump, di Johnson e della crescita della nuova destra sovranista. Tuttavia, questa suggestione è imprecisa perché Berlusconi è figlio di un’epoca storica diversa, quella della globalizzazione e del liberismo economico che il leader di Forza Italia non ha mai rinnegato così come non ha mai tradito il proprio europeismo. Al contrario i nuovi leader politici della destra sono per lo più figli della rivolta contro la globalizzazione, il liberalismo economico e l’Unione Europea.

Cadere nelle semplificazioni non rende giustizia alla storia del Berlusconi politico e nemmeno alla democrazia italiana. È bene ricordare il contesto in cui nasce il berlusconismo: una repubblica dei partiti decapitata da un’offensiva giudiziaria senza pari nel mondo occidentale, una classe politica decimata e percepita come illegittima e corrotta, un dibattito pubblico deteriorato fatto di cacce alle streghe, cappi in Parlamento, suicidi eccellenti ed ex presidenti del Consiglio in fuga.

Berlusconi è stato, per molti aspetti, un contenitore efficace e leggero, intonato alla politica internazionale del tempo, di una rabbia antipolitica senza precedenti che poteva portare a manifestazioni politiche ben più drammatiche e aggressive del centrodestra che poi s’è creato nel 1994. Su questo fatto storico si dovrebbe riflettere di più in Italia e soprattutto all’estero dove il disprezzo per Berlusconi è stato più figlio della scarsa volontà di comprensione dell’Italia che dell’odio politico

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