Meloni in diretta da Nicola Porro difende il suo operato e tira una doppia staffilata a Schlein sulla balla della censura e Fabio Fazio sul suo addio alla Rai

“Io non sono l’Italia spaghetti e mandolino che dice di sì e sorride nelle foto e poi si fa fregare tutto o prova a fregarti”. E ancora: “Sono a capo di una maggioranza solida, mi do 5 anni di orizzonte”. Parla a tutto campo, la premier Giorgia Meloni. Intervistata da Quarta Repubblica, su Rete 4, la presidente del consiglio difendere le scelte del governo su Rai e Corte dei Conti, senza risparmiare critiche all’opposizione. Elly Schlein – dice – “non distingue il dissenso dalla censura”. Il riferimento è alla contestazione della ministra Roccella al Salone del Libro di Torino. “La sinistra continua a dire che sei autoritario per qualsiasi cosa, ti dicono che sei autoritario se Fazio decide di lasciare la Rai per andare a lavorare da un’altra parte dove lo pagano di più, di dicono che sei autoritario se alla parata del 2 giugno i militari alzano la mano per salutare la tribuna come hanno sempre fatto, ti dicono che sei autoritario addirittura se ti lamenti perché c’è gente che impedisce che un ministro possa presentare a un salone del libro il libro della storia della sua famiglia”.

Intervistata da Nicola Porro, la premier risponde alle polemiche sollevate dopo che il governo ha deciso di limitare l’attività di vigilanza della Corte dei Conti sul Pnrr. “Sommessamente osservo che facciamo quello che ha fatto il precedente governo”. E attacca: “Loro – dice riferendosi all’opposizione –  dicono che c’è una deriva autoritaria sulla Corte dei Conti che continua a fare i controlli, fa la relazione semestrale e nessuno le ha messo un bavaglio”. Niente censura, dunque. Anzi rilancia attaccando la sinistra “a corto di argomenti”. “Stiamo smontando il racconto di una destra autoritaria, incapace di governare, e stiamo dimostrando in Italia e fuori dai confini nazionale che esiste una destra credibile, affidabile, capace di governare e che raggiunge risultati che altri non raggiungono”.

Per quanto riguarda la guerra in Ucraina, Meloni dice che “bisogna continuare a lavorare per la pace” e che è “parte significativa del nostro lavoro in Parlamento, ma purché non si confonda la parola pace con l’invasione”. La premier ha parlato anche delle visita di domani a Tunisi, dove incontrerà il presidente Kais Saied. “Oggi la Tunisia è in difficoltà. Vive una situazione molto delicata perchè rischia un default finanziario e chiaramente se va giù il governo tunisino vivremo uno scenario assolutamente preoccupante. Ed è su questo scenario su cui lavoriamo”. Lo scenario di cui parla Meloni riguarda l’aumento dei flussi migratori in partenza dal Paese nordafricano: “ci siamo trovati in una congiuntura che oggettivamente è la peggiore che mai si sia verificata”, complice – ha spiegato – “tutto quello che accade in Turchia, Siria, Afghanistan, con la crisi alimentare, la Libia e la Tunisia”.

Sui i rapporti con la Francia (domani Sergio Matterella volerà a Parigi) ha assicurato che i rapporti “sono per forza di cose solidi”. Ha poi preso le distanze dalla presunta “lettura che fanno certi osservatori sulla politica internazionale, come se fosse una roba da adolescenti, come se non ci si parla o non ci si saluta…”. Infine, sulle dichiarazioni del ministro degli Interni francese, molto critiche verso l’Italia, ha chiarito: “E’ stato un errore significativo. E’ stata seccante ma bisogna avere la lucidità di distinguere la politica e i rapporti tra partiti e quelli tra i governi”.

Sul capitolo lavoro la presidente del consiglio difende le le scelte prese dall’esecutivo, soprattutto per quanto riguarda il decreto del Primo maggio. “Non stiamo precarizzando e lo dimostrano i dati”, tra l’altro “soprattutto grazie ai contratti stabili delle donne: stiamo colmando un gap e per me questo è un risultato straordinario”. Riguardo allo stop al reddito di cittadinanza Meloni ha evidenziato che “l’unico ascensore sociale vero che esiste al mondo è il lavoro, è l’unica condizione che ti consente di migliorare, anche qui abbiamo distinto chi poteva lavorare da chi non poteva e abbiamo lasciato l’assistenza per chi non è in condizione di lavorare e per chi può abbiamo precostituito le condizioni perché possano uscire dalla loro condizione di povertà”.

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