Ricostruzione in Emilia Romagna, Bonaccini messo da parte come Commissario come conseguenza della delega che diede a quell’incapace della Schlein. Ovvio che il governo non si possa fidare di assegnargli senza controllo una montagna di miliardi

tratto da Il Secolo d’Italia

La delega alla transizione ecologica e al «patto per il clima» data da Stefano Bonaccini ad Elly Schlein, allora vicepresidente della Regione Emilia Romagna, e le conseguenze di quella nomina calamitosa affondano il nome del governatore emiliano come possibile Commissario all’emergenza dopo il disastro dell’alluvione provocata non tanto dalla quantità d’acqua che si è riversata sulla zona quanto, piuttosto, dalla vergognosa gestione del territorio con scelte ambientali che gridano vendetta.

Il giudizio negativo, condiviso da una larga fetta della maggioranza, sulla manutenzione del territorio da parte governatore dem, non lascia spazio a Bonaccini: “In Emilia Romagna sono stati autorizzati sfruttamenti intensivi del sottosuolo, che hanno determinato la situazione di oggi. Non puoi dare ai cittadini il messaggio che la soluzione del problema venga affidata a chi il problema l’ha creato. E ricordiamo inoltre che, quando era vice di Bonaccini, la delega alla prevenzione era nelle mani di Elly Schlein…”, spiegano fonti della maggioranza.
Detto in parole povere: Bonaccini deve farsi da parte.

Dopo il Consiglio dei ministri che ha stanziato, attraverso il decreto legge alluvioni2 miliardi di euro per fronteggiare l’emergenza maltempo in Emilia Romagna, la partita per la scelta del commissario che dovrà gestire la fase della ricostruzione dunque entra nel vivo ma senza il nome del governatore targato Pd: “Per capire chi deve fare cosa, bisogna prima capire cosa c’è da fare e dove va fatto”, dice una fonte.

Secondo quanto apprende l‘Adnkronos da fonti di maggioranza, nelle ultime ore starebbe prendendo piede, sempre di più, l’ipotesi di un tecnico ‘esterno’ per la ricostruzione dell’Emilia Romagna devastata dall’alluvione, anche se, ufficialmente, resta ancora sul tavolo la candidatura di Bonaccini.

Ma i nodi sono molti. Ci sono le perplessità della Lega e di Fdi. Anche se dal partito di Matteo Salvini fanno sapere che non esiste “nessun veto o antipatia nei confronti di alcuno”, perché “la Lega, a tutti i livelli, è impegnata per risolvere i problemi e auspica che la nomina avvenga al più presto”.

Il ‘no’ a Bonaccini, spiegano le stesse fonti, sarebbe legato a questioni soprattutto tecniche: “Siamo di fronte a fenomeni atmosferici che si stanno estendendo. Le tempeste non conoscono confini geografici e vanno a colpire anche altre Regioni come Marche e Toscanacome si fa a nominare Bonaccini commissario, a quel punto?“, è l’interrogativo che rimbalza all’interno del governo. E appare remota anche la possibilità di nominare tre commissari diversi, uno per ogni Regione interessata dall’emergenza.

Sulla stampa è stato fatto il nome di Galeazzo Bignami, sottosegretario di Fdi alle Infrastrutture, come ‘papabile’ per il ruolo di commissario. Ma, secondo quanto si apprende, sarebbe lo stesso Bignami in prima persona a non apparire convinto di questa soluzione.
Il ragionamento che si fa all’interno di Fdi e di una parte della maggioranza esclude l’ipotesi di un commissario ‘politico’: “Non si può imporre un nome di partito che stia bene sia ad Acquaroli che a Giani“.

Escluso il nome politico, bocciata l’ipotesi dei tre commissari, la soluzione che, allo stato attuale, appare come la più probabile è quella del tecnico ‘esterno‘. Anche se nomi sul tavolo per ora non ci sono: “Serve una persona con capacità amministrativa e ottima gestione della burocrazia, dotata di problem solving. Che abbia conoscenza dei fenomeni idrogeologici e degli eventi alluvionali“. L’identikit è chiaro. Ma sul nome, però, nessuna luce, per il momento.

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