Cospito, fine della buffonata: se il governo non cede, arriva il soccorso dei giudici rossi. Riducono la pena e il criminale magicamente riprende a mangiare

La decisione dell’anarchico recluso in regime di 41 bis dopo ssei mesi di digiuno è arrivata all’indomani del verdetto della Corte Costituzionale che apre la strada a una riduzione di pena per l’attentato del 2006 alla Scuola allievi carabinieri di Fossano

Alfredo Cospito, l’anarchico recluso al 41 bis, ha interrotto lo sciopero della fame iniziato il 20 ottobre dello scorso anno. La decisione è arrivata all’indomani della pronuncia della Consulta che ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’articolo del codice che “vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo”.

È stato l’anarchico stesso a comunicare compilando un modulo prestampato a disposizione dei detenuti la scelta di ricominciare ad alimentarsi dopo quasi sei mesi di digiuno più o meno ferreo: “Dichiaro di interrompere lo sciopero della fame”, ha scritto, avvisando così i vertici del Dap, del carcere di Opera e del Tribunale di Sorveglianza di Milano.

La decisione non è stata al momento motivata. Ma ieri, 18 aprile, Cospito e il suo avvocato Flavio Rossi Albertini avevano ottenuto, dopo sei mesi, la prima vittoria giuridica. All’anarchico, già condannato a 20 anni per i due ordigni piazzati nel 2006 davanti alla Scuola allievi carabinieri di Fossano, la Cassazione nel luglio scorso aveva deciso di contestare il reato di strage politica, punito con l’ergastolo, senza attenuanti. Anche se strage non c’era stata perché le bombe non avevano provocato morti né feriti. La Corte d’Assise d’Appello di Torino aveva deciso di rimettere il caso alla Consulta su istanza del legale di Cospito che ha sempre sostenuto che si sarebbe potuta riconoscere l’attenuante dei fatti di lieve entità, riducendo la pena. E la Corte gli ha dato ragione smontato un tassello della legge ex Cirielli e stabilendo che “il carattere fisso della pena dell’ergastolo esige che il giudice possa operare l’ordinario bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti”. E “conseguentemente il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva”. Una scelta che apre dunque la strada alla riduzione di pena da parte dei giudici di Torino, dall’ergastolo a una condanna tra 20 e 24 anni.

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