Ma non era la Russia che doveva fallire? Ieri persino il Fmi ha certificato che le sanzioni hanno solo distrutto quello che restava della povera Europa

Estratto dell’articolo di Claudio Antonelli per “La Verità”

Le sanzioni non funzionano. In generale le sanzioni non hanno mai funzionato, in particolare quelle contro la Russia si stanno infrangendo contro il muro dei dati e contro il tentativo di bloccare la creazione di una economia suddivisa tra due metà del globo. Da un lato l’Occidente e dall’altro l’Oriente.

Ieri, il Fondo monetario internazionale ha diffuso i valori dell’economia mondiale nel 2022 e le stime per l’anno appena iniziato. All’interno dello studio c’è anche la voce Russia.

Il Pil di Mosca è sceso nel 2022 del 2,2% contro una previsione (già lieve) del 3,4. L’Fmi aggiunge anche la previsione per il 2023 (una crescita del Pil dello 0,3%) e per il 2024 (2,1%). Il Fondo giustifica la stime in modo molto semplice. «Ai prezzi attuali del greggio», si legge nel report, «l’economia russa non sarà danneggiata».

La guerra in Ucraina ha interrotto i flussi di materie prime verso Ovest, ma «il commercio è stato rimpiazzato dai contratti con i Paesi asiatici o in generale a Est del blocco». […] Già dallo scorso semestre la Cina ha stretto nuovi rapporti con la Russia (a ottobre l’export di Gazprom verso Pechino è aumentato del 60%) e si è sapientemente infilata nelle dispute valutarie. Un esempio su tutti in India lo scorso giugno.

[…] Con l’avvio del nuovo anno Pechino e Mosca hanno fatto un passo in avanti nella visione anti occidentale. I leader dei due Paesi si dovrebbero incontrare a breve. Lo staff di Vladimir Putin ha rilasciato una nota ufficiale, quello di Xi Jinping non ha confermato, mantenendo la prassi abbastanza consueta di confermare solo pochi giorni prima dell’incontro.

I due parleranno di Ucraina e sicuramente del dollaro e quindi della possibilità di utilizzare lo yuan come valuta alternativa. Ma soprattutto confermeranno ciò che i due Paesi hanno realizzato nelle ultime settimane. Si tratta del patto dell’alluminio, come già lo chiamano gli analisti. Nel secondo trimestre del 2022 i prezzi dell’alluminio sono schizzati perché tutte le aziende coinvolte hanno cominciato a valutare un possibile embargo americano alla produzione russa.

A ottobre c’è stata una morsa ma non si è calcolato che la Cina da sola produce il 55% dell’alluminio globale. Così i due Paesi hanno pensato bene di allinearsi e di fare cartello.  […]

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