“Non chiamatelo giornalista, lui fa un altro mestiere” Dopo lo schifo contro la figlia di Meloni persino i suoi storici colleghi del fatto prendono le distanze da Furio Colombo

Preferisco stendere un velo pietoso“. Persino Marco Travaglio ha scelto di soprassedere, evitando forse di lasciarsi andare a giudizi troppo spietati. Del resto, quella sollevata da Furio Colombo contro Giorgia Meloni e sua figlia Ginevra era sembrata sin da subito una polemica assurda. Difficile da giustificare e persino da comprendere. Su La7 l’ex direttore de L’Unità aveva infatti azzardato un parallelismo tra i “bambini in top class” (in riferimento alla figlia del premier, volata al G20 di Bali con mamma) e quelli morti nel Mediterraneo. A quelle e altre speculazioni, la leader di Fratelli d’Italia aveva replicato in modo definitivo.

La reazione di Travaglio

Invitato a commentare le parole pronunciate in tv dal collega e cofondatore del Fatto Quotidiano, il giornalista torinese ha di fatto glissato, pur lasciando trasparire tutta la propria disapprovazione. In alcuni casi – verrebbe da interpretare – meglio trattenersi piuttosto che sparare sulla Croce Rossa. Così, interpellato dall’Andkronos, Travaglio ha preferito “stendere un velo pietoso” sulla vicenda e sulle considerazioni espresse dall’ex editorialista del suo giornale. Il che è tutto dire. Con quella frasetta lapidaria, il direttore del Fatto ha demolito la retorica dell’ex parlamentare di sinistra.

Travaglio-Colombo, il precedente strappo

Se la polemica a sfondo politico sui bambini non è piaciuta nemmeno a un anti-Meloni come Travaglio, qualcosa vorrà pur dire. Peraltro, le divergenze tra il giornalista piemontese e il suo collega 91enne erano già delflagrate con visibilità nel maggio scorso, quando Colombo aveva abbandonato il Fatto Quotidiano in aperto dissenso con le posizioni di alcuni editoralisti sulla guerra in Ucraina. In particolare, l’ex direttore de L’Unità se l’era presa con il professor Alessandro Orsini, al quale aveva rimproverato di scrivere falsità sul conflitto. “Non voglio apparire in alcun modo lo sponsor di un simile personaggio“, aveva anche tuonato, dando l’ultimatum a Travaglio prima di sbattere la porta e andare via.

Ma il recente parallelismo di Colombo sui bambini non ha convinto nemmeno un’altra firma del Fatto. Sempre all’Adnkroson, anche Peter Gomez ha preso le distanze dall’ex collega. “Io penso da tempo che Furio Colombo non sia più un giornalista ma principalmente un attivista politico che interpreta la realtà attraverso le sue legittime posizioni ideologiche, ma non chiamiamolo più giornalista. Io e Colombo facciamo due mestieri diversi“, ha commentato il giornalista.

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