“Mi sono iscritto. Formalmente. Non al Pd, ma alla costituente Pd. Ora posso dire la mia…”. Mattia Santori lo dice con una punta di sarcasmo rivolto a quelli che lo hanno sempre zittito in quanto “non tesserato”. La Sardina, consigliere eletto nel Pd da indipendente, ha cliccato il suo sì alla “chiamata” di Letta al congresso. “Ho aderito, ma è l’ultima chance”.

Cosa l’ha convinta?
“Se si crea un momento di confronto, di autocritica e di contaminazione, io sento come un dovere di partecipare. Poi è chiaro che ora sono un po’ nel limbo, solo alla fine del percorso deciderò se iscrivermi. E credo che Bologna possa dare un contributo”.

In che modo?
“Mettendosi alla prova. La segreteria, i circoli devono aprirsi, mettersi in discussione anche loro. Io dico: vediamoci a un tavolo, col Pd provinciale, e creiamo un percorso dei circoli verso la popolazione e viceversa. Coinvolgiamo la società. Che fine hanno fatto le 30mila Sardine che tre anni fa riempirono le piazze? Come le invitiamo? Io ci sono, per provarci”.

Le Sardine parteciperanno?
“Le Sardine dicevano una cosa: se fai cittadinanza attiva, stai già facendo politica. Sei chiamato a partecipare e vali più di quello che ti fanno credere. La proposta città 30 ad esempio nasce dalla proposta di una rete di attivisti. Ora sta diventando una delibera. Questo vuol dire che fare politica è più semplice, vicino e bello di quanto tanti credano. Io sono a disposizione di questo messaggio: che ci crediate o no, c’è un partito che si apre. O partecipi o non puoi lamentarti”.

Le primarie il 12 marzo la convincono? C’è chi chiede di fare prima, per fare opposizione.
“Iniziamo a lavorare. Se si fa bene si può anche far prima: questo è il senso di quello che ha detto Letta. Per me l’opposizione si può fare anche rigenerando il partito. E i motivi per farla purtroppo non mancano”.

Lei definì il Pd “malato”. Qual è il nuovo partito che vuole costruire?
“Un partito che valorizzi le energie interne e faciliti il ricambio delle leadership, soprattutto per i giovani. L’habitat, la struttura deve essere sana”.

Non lo è oggi?
“Oggi c’è la costante sensazione di avere un tappo sulla testa che non permette di crescere. Poi io resto convinto che alla fine del congresso ci dovrebbe comunque essere una riflessione sul nome: tu non cambi la gestione di un bar senza cambiare l’insegna, e non cambi l’insegna senza cambiare gestione”.

Terrebbe l’Ulivo, nel simbolo?
“Si può tenere, ma chiamiamolo ‘presidio democratico’, ‘politica plurale’, diamo il senso di essere una comunità, perché questa è la grande forza del Pd. Il termine ‘partito’ è gerarchico. Nel partito comandano le correnti, è un fatto”.

Tutti vogliono superare le correnti. Ma come si fa?
“Per me con una confederazione di anime della sinistra, che garantisca autonomia dei territori. Ci sono iscritti locali del Pd che prendono ordini dalle correnti nazionali. È aberrante ed è il principale motivo per cui non mi sono mai iscritto. Bisogna far sì che l’appartenza al partito sia legata a obiettivi, campagne e battaglie tangibili. Non a persone. Poi servono strumenti più moderni, come in parte hanno i 5 Stelle con una piattaforma di consultazione diretta della base, che deve essere protagonista”.

Elly Schlein, che potrebbe correre da segretaria, si iscriverà al congresso?
“Credo sia importante si iscriva e ancora di più che dia un impulso a questo processo, perché lei è una persona capace di creare dei ponti con quello che c’è fuori. E di questo c’è bisogno”.

D’Alema ha consigliato al Pd di riaprire ai 5 Stelle, che hanno scelto di essere progressisti. Condivide?
“Sì. Credo sia importante non precludere a nessuno di far parte di un campo, come dice Bonaccini. Si dovrebbe lavorare insieme, poi se non si è capaci prima di unirsi in un’unica forza, allora — e cito il centrodestra — ‘chi prende più voti avrà più incarichi’. In questo momento Conte può giocarsi la leadership nazionale tanto quanto Letta o il prossimo segretario Pd”.

Ma col M5S non perderete i riformisti Pd?
“Il Terzo Polo ha dimostrato che il moderatismo non funziona. Gli italiani preferiscono scelte radicali. E invece il Pd annacqua le sue idee guardando al centro. Ma lei ci pensa a quanti voti sono stati persi per non aver sostenuto il referendum su cannabis ed eutanasia? Ecco”.