Enrico Letta fa i capricci all’assemblea plenaria della feccia: si lamenta che Conte e Renzi lo stanno ricoprendo di insulti

Nella riunione della Direzione del Pd sul percorso congressuale, l’elettricità è nell’aria. La tensione, palpabile, è di quelle che accompagnano i momenti più tesi della storia della sinistra italiana. Enrico Letta ha sudato sette camicie per tenere la platea. Le correnti che negli anni erano diventate i pilastri dell’impalcatura dem sono sul punto di implodere, ciascuna con ulteriori malumori al suo interno.

La ricorrenza della data in cui si è svolta, il centenario della marcia su Roma, sembrava poter suggerire uno spirito unitario, quello da adottare nei passaggi più critici. E invece, sin dai primi interventi, tutti contro tutti. “Una Direzione tosta, senza infingimenti e con poche ipocrisie”, la descrive il segretario. Tosta, perché il confronto è stato aspro. Quasi a chiuderlo, tra gli ultimi parla Stefano Bonaccini: “Per la prima volta abbiamo alla nostra destra e alla nostra sinistra, nel campo delle opposizioni, due alternative possibili, legittime. Ed è la prima volta che temo che il Pd abbia un futuro scontato”. Quindi dobbiamo “metterci in moto subito, definiamo questo perimetro comune ma sapendo che la gente più della cornice, vuole vedere il quadro”.

Le sponde sono due: metà del partito chiedeva tempi più brevi per il congresso (Matteo Orfini, tra gli altri) e l’altra metà propende per allungare i tempi (come Andrea Orlando). Ma si parla anche di autonomia differenziata e c’è chi solleva la questione settentrionale come Stefano Bonaccini e Piero Fassino. Si contrappone chi difende il Sud, come Francesco Boccia e Peppe Provenzano. I pontieri faticano a trovare la quadra. Alla fine viene votato un documento che fissa le tappe del congresso: entro il 28 gennaio le candidature a segretario. Il 26 febbraio le assise programmatiche. Entro il 12 marzo le primarie. Sulle quali ancora le idee non sono chiare. Le voci di dissenso si fanno sentire. “Avverto un rischio che già trova riscontro nella realtà”, dice Sandra Zampa: “Fuori da questa sala e dalla sede nazionale, della fase costituente nessuno sembra essersi accorto a partire dai media. Per il Pd potrebbe essere un passo fatale se al cambiamento annunciato non facesse seguito niente”.

A tutti Letta assicura che “il percorso congressuale tiene conto della difficoltà del momento”. E risponde a tono a Matteo Renzi (“Stampella della maggioranza”) e a Giuseppe Conte (“Gioca a fare il cavaliere solitario”). Una durezza di toni necessaria per togliersi dall’angolo e risollevare il morale dei dirigenti. Luigi Zanda invita a rispondere senza passare sopra a niente, “perché non se ne può più” degli attacchi quotidiani dei leader di Azione-Iv e M5s. Ma di nuovo, è sulla road map che l’accordo vacilla. Per Orfini “Sei mesi dal giorno delle elezioni per fare un congresso sono una enormità”. Certo, “un nome non risolve un problema”, aggiunge, “ma nemmeno rifare le Agorà e chiamarle percorso costituente. La costituente e la rifondazione saranno gli anni di opposizione. Facciamo un congresso che il prima possibile ci metta nelle condizioni di farla”.

Si fa sul serio: Orfini insieme ad altri quindici esponenti della direzione a lui vicini astengono dal voto. Anche il senatore ed esponente di Base Riformista, Alessandro Alfieri, sottolinea che avrebbe scelto “tempi più rapidi, all’altezza della fase politica che stiamo vivendo. Tuttavia”, aggiunge, “penso che con senso di responsabilità debba prevalere la condivisione più larga possibile delle regole del nostro congresso. Adesso, finalmente, possiamo partire”. A fronte di questi dubbi, c’è anche chi esprime soddisfazione per l’apertura ai soggetti che vogliono partecipare alla costituente, sia singoli che in associazione. “Molto bene l’impianto che consente di partecipare ai singoli e a soggetti come Articolo Uno in piena autonomia per la fase costituente del nuovo soggetto”, fa sapere Arturo Scotto.

“Ho apprezzato il percorso costituente del nuovo Partito Democratico che il segretario Enrico Letta ha tracciato oggi nella direzione del partito”, sottoscrive Laura Boldrini. “Un percorso all’insegna dell’apertura, del rinnovamento e della partecipazione che deve appassionare l’Italia democratica, coinvolgere coloro che negli ultimi anni si sono allontanati e attirare nuove energie”, chiosa la deputata dem. L’ex segretario Nicola Zingaretti si smarca: “Una vera Costituente del Pd facciamola nelle piazze: organizziamo tre giornate di mobilitazione straordinaria nel Paese, per rivolgerci alle persone che ci hanno votato”. Neanche il tempo di stendere il verbale e dal Pd dell’Emilia-Romagna arriva la protesta degli autoconvocati, guidata dalla Federazione di Bologna.

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