Cosa sono costretti a fare per campare le centinaia di ex parlamentari segati alle ultime elezioni politiche

Claudio Bozza per www.corriere.it

C’è chi, come Luigi Di Maio, voleva tagliare le poltrone in Parlamento. Ci è riuscito stravincendo il referendum, ma poi è finito sforbiciato a sua volta. E chi, come il suo fedelissimo Sergio Battelli, conscio dello zero virgola che li attendeva, dopo 10 anni nei palazzi della (fu) casta aveva già in testa un sogno: aprire un chiringuito a Barcellona.

«Lo chiamerò Montecitorio beach», racconta con il sorriso il deputato-rocker che nel frattempo ha registrato il suo nuovo singolo 3 is a magic number. Mentre molti progressisti hanno esultato per la mancata rielezione di Simone Pillon, l’ultraconservatore (anti Lgbt+, divorzio, aborto ma la lista è ancora lunga) una delle vittime illustri del crollo della Lega: «Ma io non mi arrendo», avverte.

La batosta degli scissionisti

Da destra a sinistra, tra i 345 seggi in meno e la grande ascesa di Fratelli d’Italia che ha rivoluzionato i vecchi equilibri, l’esito delle elezioni del 25 settembre ha lasciato una sfilza di big fuori dal Parlamento. Il maggior numero di “esodati” della politica proviene dal Movimento Cinque Stelle e dagli scissionisti dimaiani cancellati dalla caduta del governo Draghi.

«E ora che lavoro andranno a fare, visto che molti di loro non avevano mai lavorato?», si chiedono perfidamente i parlamentari più navigati e rimasti in sella. Partiamo appunto dal ministro degli Esteri uscente: Di Maio, dopo la batosta di Impegno civico (0,6%), ha cancellato i suoi profili social su Facebook e TikTok. Per la campagna elettorale era riuscito a raccogliere anche 300 mila euro, che però sono serviti a eleggere un solo deputato, e di un altro partito: Bruno Tabacci. Ora è il tempo del silenzio, per provare a ripartire: «Abbiamo perso: non ci sono se, né scuse da accampare» ha ammesso l’ex capo grillino, senza giri di parole. «Nella vita si cade, ma ci si rialza».

Gli scivoloni dell’ingegnere informatico

A 36 anni Di Maio avrà più tempo per stare con Virginia Saba, la sua compagna: «E grazie all’esperienza acquisita in questi anni alla Farnesina, presto potrebbe impegnarsi con un’azienda di consulenze e relazioni istituzionali», sussurra chi lo conosce bene. Mentre Manlio Di Stefano, già sottosegretario agli Esteri protagonista di più gaffe, è già pronto a tornare al suo vecchio impiego da ingegnere informatico.

Resta epico, sfogliando il menu dei suoi scivoloni, «l’abbraccio agli amici libici» che Di Stefano mandò via Twitter dopo la mega esplosione al porto di Beirut. Farà invece discutere il futuro dell’ex presidente della Camera Roberto Fico e della vice del Senato Paola Taverna. Entrambi hanno sostenuto il loro leader Giuseppe Conte nello stop grillino al terzo mandato: ne sono rimasti vittime loro stessi, ma adesso potrebbero rientrare dalla finestra, dopo essere usciti dalla porta. Fico e Taverna, secondo “radio Movimento”, dovrebbero essere infatti riassunti dal loro partito per guidarne la “macchina” istituzionale.

L’ex ministra dei banchi a rotelle

Altra vittima illustre è Lucia Azzolina: l’ex ministra dei banchi a rotelle durante la pandemia, poi finiti a migliaia in discarica, è diventata preside di una scuola a Siracusa, anche lei travolta dal naufragio dimaiano. Angelo Tofalo, già sottosegretario alla Difesa M5S salito agli onori delle cronache per il «Boia chi molla!» che «però non è un motto fascista», ha invece rispolverato la sua laurea in ingegneria civile e ha già aperto una società di consulenza («At», come le sue iniziali) proprio nel settore di intelligence, cybersicurezza e difesa: «Anche Dagospia parla di noi», esulta soddisfatto su Twitter.

È stata politicamente bruciante l’esclusione dal Parlamento di Emanuele Fiano (Pd), sconfitto nell’ex Stalingrado italiana di Sesto San Giovanni da Isabella Rauti, figlia del missino Pino. «Parto per Roma, vado a smontare casa e ufficio. Non è una fine, è un inizio. Buona giornata», prova a sdrammatizzare «Lele», terzo e ultimo figlio di Nedo, ebreo deportato ad Auschwitz e unico superstite di tutta la sua famiglia. E adesso? «Sono un architetto: magari insegnerò e poi riprenderò la mia professione» racconta agli amici. «Se ho chiuso con la politica? Certo che no».

Gli «esodati» e i soldi in casa

Altro grande escluso in casa Pd è Andrea Marcucci, già capogruppo al Senato e ultrarenziano che però non ha seguito “Matteo”» in Italia Viva. Marcucci ha perso il testa a testa nel collegio di Pisa-Livorno-Viareggio: «È probabilmente il risultato più basso o uno dei più bassi del centrosinistra nella storia», ha provato a consolarsi. Ma tra le varie categorie di “esodati”, di preoccupazioni l’ex senatore ne ha ben poche: la sua famiglia ha da poco chiuso venduto la Kedrion, azienda di emoderivati che fatturava 660 milioni, a un colosso globale.

Per Marcucci, che dalla sua Garfagnana arrivava all’ombra di Palazzo Madama con il suo elicottero, si profila un addio all’amato jet set della politica: era il 1992 quando sbarcò per la prima volta a Montecitorio con il Pli. Chissà invece cosa farà Monica Cirinnà, la senatrice che tanto ha fatto per i diritti gay e che però, a ruota, ha visto la sua immagine sbriciolata dalla storia dei 24 mila euro in contanti ritrovati nella cuccia del suo cane a Fiumicino, senza peraltro saper spiegare da dove arrivassero tutti quei soldi.

Un posto nel partito, e uno stipendio

Tra i renziani è stata dolorosa l’esclusione di Lucia Annibali, fuori per una manciata di voti, ma che ora potrebbe rimanere tra gli uffici di Camera e Senato a gestire il funzionamento del tandem con Calenda, anche potendo contare sulla sua esperienza da avvocata. Senza seggio anche l’ex ministra, e già pasionaria della Cgil, Teresa Bellanova, che ha perso nella sua Puglia: il futuro?

Continuare a fare politica attiva, ma da pensionata. E sempre nel tacco è rimasto escluso con ampio scarto anche il virologo Pierluigi Lopalco (Pd), su cui il segretario Letta aveva puntato a livello d’immagine per il suo impegno durante la pandemia. C’è poi Pippo Civati, candidato di Sinistra-Verdi e un’era geologica fa primigenio compagno di rottamazione con Renzi: ora tornerà a fare l’editore di libri. “Esodato” anche l’ex senatore M5S poi paladino antieuro Gianluigi Paragone, che, nonostante i sondaggi proiettassero Italexit verso cifre sorprendenti, si è ritrovato senza poltrona. Tornerà al primo grande amore, il giornalismo? Ancora non si sa, ma di sicuro sarà «anti».

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