“Attenta Meloni, non fare l’errore di appiattirti ai padroni di Washington” la lettera aperta di Alessandro Meluzzi

di Alessandro Meluzzi da Facebook

L’eredità che Giorgia Meloni raccoglie oggi è quella purtroppo di un Paese sull’orlo del disastro. Una sfida che non richiede una politica ordinaria ma una politica simile a quella che hanno dovuto affrontare i grandi statisti del passato come De Gasperi, Nenni, Togliatti, o tornando indietro nel tempo il conte di Cavour.

Viviamo un passaggio storico che richiede grandi virate epocali. Sarebbe necessario costruire un tavolo permanente per indicare a questo governo, che auspico non ostile, le reali istanze del Paese, andando oltre l’agenda Draghi, riaffermando la sovranità nazionale e frenando il rischio di una nuova deriva autoritaria.

Credo che la Meloni abbia assunto quella consapevolezza che io denuncio da anni, ovvero quella di vivere in un Paese che ha perso sovranità e che dal 1943 è una colonia a tutti gli effetti. Quindi sa perfettamente di dover andare a ricoprire l’incarico di primo ministro di uno Stato non sovrano.

L’Italia rischia di rimanere una colonia che diventerà ancora più miserevole finendo privati di tutto, dell’energia, del gas, dell’industria, con conseguente distruzione del ceto produttivo. Mi auguro che Giorgia Meloni abbia piena consapevolezza di questo. Spero inoltre che le elezioni di mezzo termine negli Usa del prossimo 8 novembre premino un sano conservatorismo repubblicano, primo fondamentale passo per poter chiudere con la stagione dei Clinton, degli Obama e dei Biden e con la loro dissennata politica, che come dimostra la vicenda del Nord Stream porterà alla distruzione dell’Europa come luogo di produzione.

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INTERVISTA AD ALESSANDRO MELUZZI

TRATTO DA ‘LO SPECIALE GIORNALE’

Aveva dichiarato di votare le forze alternative perché deluso dai partiti tradizionali, compreso il centrodestra. Oggi Alessandro Meluzzi, psichiatra, scrittore, opinionista televisivo ed ex parlamentare è ancora convinto che queste forze possano avere un futuro se saranno capaci di non disperdere il consenso ottenuto. E in questa intervista a Lo Speciale parla anche di Giorgia Meloni

Come commenta i risultati delle elezioni politiche e la vittoria di Giorgia Meloni?

“Faccio i miei migliori auguri a Giorgia Meloni che si trova a raccogliere l’eredità di un Paese sull’orlo del disastro. Ci troviamo di fronte ad una sfida che non richiede una politica ordinaria ma una politica simile a quella che hanno dovuto affrontare i grandi statisti del passato come De Gasperi, Nenni, Togliatti, o tornando indietro nel tempo il conte di Cavour. Viviamo un passaggio storico che richiede grandi virate epocali. Spero che il forte carattere di giovane donna e madre, unito alla sua storia ed esperienza politica, sostengano la Meloni in questa sfida che si annuncia difficilissima”.

Lei si era schierato dalla parte delle forze alternative al sistema che però non hanno avuto successo. E’ deluso?

“Sono certamente deluso dalla mancata presenza in Parlamento di questi movimenti, perché resto convinto che il fronte del dissenso avrebbe potuto dare un grande contributo. Una delusione però mitigata dal fatto che quest’area, che si è improvvisata elettoralmente, ha raccolto circa un milione di voti e questo significa che non bisogna mollare la presa; è necessario continuare le battaglie anti globaliste, anti transumanesimo, anti degenerazione dell’Italia e della sua sovranità rispetto alla pressione diabolica di Davos e dell’agenda dei signori del mondialismo. E’ necessario portare avanti le battaglie in difesa delle libertà civili e contro una dittatura sanitaria che tanto male ha fatto al Paese. Va dato atto alla Meloni di aver tentato dall’opposizione di porre argine a questa deriva autoritaria, non votando il green pass per esempio e annunciando in campagna elettorale la fine delle persecuzioni contro le categorie che sono state punite in questo periodo dal totalitarismo sanitario”.

Che consiglio darebbe alle forze del dissenso per continuare quella che lei definisce la buona battaglia?

“Il consiglio è di federarsi e costruire un tavolo permanente per indicare a questo governo, che auspico non ostile, le reali istanze del Paese, andando oltre l’agenda Draghi, riaffermando la sovranità nazionale e frenando il rischio di una nuova deriva autoritaria. Spero che con la Meloni i rapporti potranno essere meno conflittuali di come lo sono stati con il governo Draghi-Letta-Speranza. Sono fiducioso e conto che un miglioramento ci possa essere davvero”.

Ma come mai nonostante il malcontento degli italiani queste forze non sono comunque riuscite a conquistare il voto degli scontenti, dei delusi, degli arrabbiati che comunque sono una larga fetta, per non dire maggioritaria, della popolazione?

“Come già detto queste forze hanno raccolto complessivamente un milione di voti circa nel giro di sessanta giorni e questo non è affatto un dato negativo. Poi è evidente che l’elettorato italiano è sostanzialmente statico e anche questa volta lo ha dimostrato con uno spostamento minimale del consenso. Gli elettori alla fine per quanto arrabbiati scelgono i partiti con una sorta di fedeltà patologica, come su un campo di calcio dove si può criticare l’allenatore e il gioco di squadra ma si continua sempre a tifare per i colori. Tuttavia quel milione circa di persone che ha raggiunto una forte consapevolezza indirizzandosi verso le forze alternative, è un patrimonio di grandissimo valore da cui ripartire con fiducia per costruire un’alternativa più solida e competitiva. Un primo tassello è stato raggiunto, ora è necessario lavorare per far maturare negli italiani una consapevolezza ancora maggiore”.

Non sarebbe stato più conveniente e politicamente intelligente raccogliere le forze alternative in un unico schieramento evitando frammentazione e competizione fra loro?

“Hanno provato ad unirsi, ma il carattere tipicamente italiota anche in questo caso ha prevalso facendo emergere quella tendenza tipica al particolarismo, alla costruzione del proprio orticello, all’affermazione dei propri piccoli interessi e questo ovviamente non ha giovato alla causa comune. Se si fossero unite avrebbero forse raggiunto il fatidico 3%, ma con onestà intellettuale dobbiamo riconoscere che c’erano oggettivamente delle differenze notevoli e non facili da superare. Si andava dall’utopismo naturalista di Vita ad una visione politica di destra come quella di Paragone, poi ad un’altra marcatamente di sinistra come quella di Rizzo e di Toscano, per finire con il cattolicesimo etico di Adinolfi. Insomma non erano proprio la stessa cosa. L’unico collante era rappresentato dalla comune volontà di resistere all’agenda mondialista di Davos, ma alla fine le differenze politiche di base sono emerse e hanno contato”.

Giorgia Meloni è stata accusata in campagna elettorale di essersi troppo schierata su posizioni atlantiste e di aver insistito eccessivamente sulla sua fedeltà agli Stati Uniti e sul suo sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. E’ d’accordo?

“Credo che la Meloni abbia assunto quella consapevolezza che io denuncio da anni, ovvero quella di vivere in un Paese che ha perso sovranità e che dal 1943 è una colonia a tutti gli effetti. Quindi sa perfettamente di dover andare a ricoprire l’incarico di primo ministro di uno Stato non sovrano. Tuttavia mi piace ricordare che anche George Washington partì facendo politica in una colonia, come Nelson Mandela e Gandhi. Quindi spero che la Meloni, pur consapevole di governare una colonia consegnata al mondo americano ed anglosassone dopo una guerra perduta, sappia costruire, al pari di grandi uomini come Adenaur, Willy Brandt, De Gaulle, una sovranità capace di affermarsi progressivamente, senza fughe in avanti ma con il realismo dei grandi statisti della storia”.

Pensa che la Meloni possa riuscire nell’impresa?

“Lo spero, e tanto per iniziare mi sento di suggerirle una prima mossa intelligente: provare a convocare una conferenza internazionale per la pace con lo stesso spirito che ebbero personalità come Indira Gandhi, Nehru e anche altre lontanissime da me, come ad esempio il Tito della fase di formazione del cosiddetto terzo blocco dei Paesi non allineati. Se non faremo questo tentativo, il nostro essere colonia diventerà ancora più miserevole e finiremo privati di tutto, dell’energia, del gas, dell’industria, con conseguente distruzione del ceto produttivo. Mi auguro che la Meloni abbia piena consapevolezza di questo. Spero inoltre che le elezioni di mezzo termine negli Usa del prossimo 8 novembre, premino un sano conservatorismo repubblicano, primo fondamentale passo per poter chiudere con la stagione dei Clinton, degli Obama e dei Biden e con la loro dissennata politica, che come dimostra la vicenda del Nord Stream porterà alla distruzione dell’Europa come luogo di produzione”.

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1 comment
  1. Certo è che questo atlantismo e NATIsmo un po’ mi inquieta, pur avendo alle spalle 40 anni di servizio e al servizio del Paese e della NATO. Ma, non posso non riconoscere che questa eccellente alleanza difensiva, che ci ha garantito 70 anni di pace, sia diventata uno o lo strumento di politica estera del principale azionista.

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