Nuovo governo, Berlusconi sempre piu’ allo sbando: medita la follia di presentarsi da solo al Quirinale per le consultazioni

Ilario Lombardo e Francesco Olivo per “La Stampa”

Nelle ultime quarantotto ore Silvio Berlusconi ha capito che per la prima volta in trent’anni non è più lui il sovrano incontrastato del centrodestra. È deluso, affranto, incredulo, senza più la forza di architettare un’immediata strategia di reazione per l’affronto che crede di aver subito da Giorgia Meloni. Lo chiamano in tanti, tra famiglia e amici più stretti. Anche Fedele Confalonieri, sempre pronto a consigliare all’amico Silvio di avere clemenza con gli alleati, resta colpito dal comportamento della presidente di FdI: «Deve avere più rispetto, di te e della tua storia».

La cena di giovedì con un pugno di parlamentari riuniti a Villa Grande serve a riordinare le idee dopo lo choc. La scelta di non votare subito per Ignazio La Russa in Senato si è rivelata un flop clamoroso. «Ma è stato un gesto di dignità politica», si giustifica Berlusconi: «Ha fatto di tutto per metterci in difficoltà».

Veti su veti, il no a Licia Ronzulli, la volontà di Meloni di avere l’ultima parola sulla destinazione dei ministri. E poi il presunto dietrofront sulla Giustizia, casella prima assegnata a Forza Italia e poi scomparsa: troppo, per Berlusconi.

Il gruppo è spaesato, spaccato. Incerto su come rispondere, mentre si consuma la nuova faida tra l’ala Ronzulli da una parte e Antonio Tajani dall’altra. E sulle divisioni interne FdI potrebbe inserirsi, depotenziando le minacce di queste ore. Berlusconi vuole sfruttare i giorni che mancano all’inizio delle consultazioni per capire quale sia la migliore strategia da adottare come controffensiva.

Salire da soli al Colle, divisi dal resto della coalizione, è un’opzione. Far mancare il sostegno esplicito a Meloni, al primo giro al Quirinale, nel momento in cui Sergio Mattarella proverà a chiudere sull’incarico alla futura premier, è un’altra opzione. Il leader azzurro medita vendetta, questo sembra ormai certo.

Tajani non è d’accordo. E ormai non fa nulla per nasconderlo. Mentre passeggia solitario in un corridoio laterale di Montecitorio si fa quasi sarcastico: «Oggi (ieri, ndr) votiamo Lorenzo Fontana alla presidenza della Camera. Quindi tutto il centrodestra è compatto, e questa è una notizia». Con lui, si maligna, Meloni ha aperto un canale.

Dall’altra parte della barricata c’è un’alleata che ora non vuole più trattare. Il foglio con gli aggettivi è solo l’ultimo episodio che scatena l’ira. La rabbia era già montata il giorno prima, quando, secondo la leader di FdI, il Cavaliere avrebbe violato un patto. Lo sfogo di ieri davanti alle telecamere non era previsto, ma chi era stato attorno a lei in queste ore aveva notato che il livello della tensione era altissimo. «Forse non mi conoscono», ripete al sesto piano di Montecitorio. Per Forza Italia però dietro alla decisione di non votare La Russa non c’è alcun ricatto: «È una richiesta politica».

Nell’incontro di mercoledì alla Camera, è la versione dei fedelissimi di Giorgia, Berlusconi si era impegnato a votare per La Russa e questo via libera comprendeva un accordo complessivo sul governo. I senatori però non votano e scoppia l’inferno. «È un tradimento», tuona con i suoi parlamentari. A quel punto tutto precipita, «il pacchetto è saltato», dice un dirigente. «Non ho appuntamenti con Silvio», ripete Meloni, che poi spiega a chi le sta intorno: «Dopo quello che è successo le trattative non ci sono più».

La premier in pectore, però, se davvero vuole essere considerata tale, non può permettersi di scaricare Forza Italia. E quindi, confidano ad Arcore, una volta sbollita la rabbia, tornerà a sedersi intorno a un tavolo, magari già da lunedì, o martedì, come proposto da Matteo Salvini, ormai nei panni, non consueti per lui, di mediatore.

Il leader della Lega ha telefonato a Berlusconi per cercare di favorire la pace tra gli alleati, per ora senza successo, «è tutto in alto mare», confida nei corridoi di Montecitorio al suo vicesegretario Andrea Crippa. La consapevolezza di Berlusconi è che FdI non possa fare a meno di tornare a trattare, «almeno che non vogliano fare un governo con Calenda e in quel caso noi andiamo all’opposizione come ha fatto lei per anni, arrivando al 26%», dice un dirigente azzurro.

La versione di Berlusconi sull’incontro è opposta: «Ho anticipato a Meloni la decisione di non sostenere La Russa alla prima votazione del Senato». Anzi, «me ne sono pentito, perché lei così si è organizzata e ha trovato altri voti», ha confidato ai suoi. E il foglio con gli aggettivi denigratori verso Meloni sarebbero figli proprio di quell’incontro finito male.

Al di là dei risentimenti, il tema che più divide gli alleati è la giustizia. Berlusconi vorrebbe il ministero di via Arenula, e pensava di averlo ottenuto. In pista aveva messo Francesco Paolo Sisto (avvistato ieri nelle stanze di FdI) e Maria Elisabetta Casellati. Secondo Forza Italia Meloni si sarebbe rimangiata l’offerta, puntando su Carlo Nordio, causando l’ira del Cavaliere. L’ex presidente del Senato è convinta di essere ancora in pista, «sono in squadra», dice in queste ore. Ma il timore degli azzurri è che la casella non sia quella della Giustizia.

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