Tirata per la giacchetta in una polemica tutta politica orchestrata da “Repubblica” e dalla Stampa, con l’eco del Pd e della sinistra,nel grido di “arriva il pericolo fascista”, Liliana Segre, gloriosa e leggendaria senatrice a vita, testimonial dell’orrore dei campi di concentramento, si ritrova in prima pagina accanto ai piccoli Fratoianni e ai Di Maio, per non parlare di Letta, a “testimoniare” la campagna contro il simbolo di Fratelli d’Italia. Nel mirino, la Fiamma che richiamerebbe l’eredità missina, considerata la “spia” di nostalgie fasciste e pericolosi pruriti dittatoriali dalla sinistra e da oggi anche dalla senatrice.
“La Meloni inizi togliendola dal simbolo elettorale”, dice la Segre.
Una posizione che rende doveroso precisare che lo stesso marito della Segre, come più volte dimostrato dal “Secolo”, fu missino convinto candidato del Msi almirantiano, con tanto di Fiamma: alle elezioni politiche del 3 e 4 giugno 1979 l’avvocato Belli Paci figurò infatti nel cappello di lista dei candidati del Msi della Circoscrizione Milano-Pavia. E pare fosse mosso dalla paura del comunismo. Una posizione, quella della Segre, legittima e non censurabile, che però meraviglia, e non solo alla luce delle scelte dei suoi familiari.
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Liliana Segre e la Fiamma, la sinistra striumentalizza tutti…
La Fiamma dimostrerebbe il fascismo della Meloni? Siamo nel campo della fantapolitica, in una campagna elettorale nella quale a sinistra si parla solo di questo, della Meloni “cattiva e pericolosa” e della destra “fascista e pronta a sovvertire le istituzioni”. Idee, programmi, confronti civili, da quel lato, non ne possono arrivare, visto il livello così malinconico delle frattaglie politiche che il povero Letta – oggi costretto a scusarsi con la Meloni per una gaffe, pensate un po’, maschilista, che se l’avesse fatta Berlusconi…