Acqua e bibite gassate prime vittime della crisi del gas: scorte sempre più ridotte tra gli scaffali dei supermercati: costa caro produrre le bollicine

L’estate arida che sta travolgendo l’Italia sta avendo delle ripercussioni anche sull’acqua frizzante, diventata introvabile tra gli scaffali dei nostri supermercati. Il processo di produzione del gas – e il conseguente caro CO2 – è in crisi per colpa dei rincari carburanti: una condizione che mette a rischio anche la salvaguardia delle birre industriali, bibite gassate e degli impianti medicali.

Dall’acqua frizzante fino alle bibite gassate: i prodotti a rischio nei supermercati d’Italia

Tra gli scaffali dei supermercati d’Italia non si trovano più le bottiglie di acqua frizzante, mentre quelle effervescenti naturali e carbonate in impianti che producono la propria anidride carbonica sono salve. Il motivo, come scrive Repubblica, il processo per la produzione del gas che forma le tipiche bollicine è molto energivoro: visto il rincaro dei carburanti, il settore sta soffrendo parecchio tanto da ridurre drasticamente – quasi annullare – la produzione di CO2. Un caro di anidride carbonica che si riflette sia sul prezzo delle bottiglie al dettaglio che, soprattutto, sulle tasche delle aziende italiane.

A farne le spese c’è anche un impianto italiano, la Yara International con sede a Ferrara che forniva il 30% dell’anidride carbonica alle maggiori aziende d’Italia. Oltre all’acqua frizzante, il rischio c’è anche per le birre industriali e le bibite gassate che vedono nell’autoproduzione di CO2 l’unica salvezza, come spiega il direttore di Coca-Cola Hbc Italia Giangiacomo Pierini:

“Autoproduciamo l’anidride carbonica di cui abbiamo bisogno. È la nostra fabbrica più grande in Europa e questo ci consente di vivere questa ulteriore difficoltà per il nostro settore senza problemi”

A rischio anche gli impianti medicali

Oltre al rincaro carburanti, al caro CO2 che hanno portato alla scomparsa delle bottiglie d’acqua frizzante dagli scaffali dei supermercati, a peggiorare la situazione ci ha pensato anche il grande caldo di questi ultimi tempi e la siccità che ne consegue: una situazione che mette a rischio anche altri settori, tra cui quello degli impianti medicali, saldatori, refrigerazione su grande scala. Con l’anidride carbonica che scarseggia sempre di più, questi settori rischiano il collasso.

PADOVA – In principio furono le acciaierie, adesso è l’ora dell’acqua gassata. Cosa possano avere in comune uno stabilimento siderurgico e una bicchierata rinfrescante con le bollicine, è presto detto: l’aumento dei costi energetici stanno ammazzando entrambi. Gli impianti energivori si spengono e la produzione si blocca. Un effetto perverso di questa tempesta perfetta è la scomparsa dell’acqua minerale frizzante dai supermercati: mille miliardi di litri rischiano di dissolversi in questa paralisi di produzione che sta causando uno choc nella grande distribuzione. Si salvano le acque effervescenti naturali, nelle quali il Co2 è già presente naturalmente alla sorgente. Per tutte le altre, gassata e lievemente gassata, si salvi chi può. In Friuli Venezia Giulia c’è Goccia di Carnia che sgorga a 1370 metri di quota ed è imbottigliata a Forni Avoltri (Udine). Il gruppo è proprietario anche di Acqua Pejo, delle omonime fonti trentine, nel Parco nazionale dello Stelvio. “Stiamo affrontando un periodo critico e non capiamo quando finirà”, ammette Samuele Pontisso, amministratore delegato del gruppo Goccia di Carnia. “Negli scaffali l’acqua frizzante comincia a scarseggiare”.

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L’origine di questa crisi di Co2 è lo spegnimento dell’impianto della Yara International di Ferrara, specializzata nella produzione di ammoniaca, urea e fertilizzanti ma anche di anidride carbonica. Questo stabilimento riforniva di bollicine oltre il 30 per cento delle aziende italiane e, soprattutto, dava lavoro a 140 dipendenti. L’aumento esorbitante dei costi del gas naturale e dell’elettricità ha indotto il gruppo norvegese che governa l’azienda a decidere per lo stop. “Oggi cerchiamo di accaparrarci Co2 in ogni modo e a qualsiasi prezzo”, rivela Pontisso. “L’ultimo carico di bollicine per acqua Pejo arrivava da Vienna ma ci sono anche altri canali. Il mercato è in fibrillazione, spero non finiscano per aumentare anche i prezzi delle bottiglie al dettaglio”.

Secondo Mineracqua, la federazione dei produttori di acque minerali, nel 2021 sono stati messi in commercio 8 miliardi di litri, di cui oltre 1 miliardo con le bollicine, quindi con l’anidride carbonica addizionata. Ma quello dell’acqua non è l’unico fronte caldo. Assobibe, emanazione di Confindustria, l’associazione dei produttori di bevande analcoliche, ha lanciato l’allarme lo scorso mese di luglio: “Le aziende che operano in Italia nel settore delle bevande analcoliche sono in un momento di estrema difficoltà”. Non solo acqua gassata con il contagocce, quindi. In pericolo ci sono anche Coca Cola, Fanta, Sprite e tutte le bibite che spopolano in questa estate torrida. Giangiacomo Pierini, direttore di Coca-Cola Hbc Italia, si trova nel bel mezzo di questa bufera. “Nello stabilimento di Nogara, in provincia di Verona, ci autoproduciamo l’anidride carbonica di cui abbiamo bisogno”, spiega. “È la nostra fabbrica più grande in Europa e questo ci consente di vivere questa ulteriore difficoltà per il nostro settore senza problemi. Negli altri stabilimenti del gruppo in Italia, invece, abbiamo bisogno di acquistare questa fondamentale materia prima”.

L’anidride carbonica viene utilizzata non solo per la gasatura dell’acqua e delle bevande zuccherate, ma anche nei processi di saldatura, negli impianti medicali, nel campo delle refrigerazione industriale e per la conservazione dei prodotti. Ovviamente l’embargo delle bollicine è l’effetto attualmente più visibile, non fosse altro per gli scaffali vuoti nei supermercati. “Il problema è che in questa estate, a causa delle temperature altissime, la richiesta di acqua è più elevata del solito”, ragiona Gianni Canella, vicepresidente del gruppo Alì, 116 supermercati tra Veneto ed Emilia Romagna. “Prima la siccità che colpisce le fonti, ora l’anidride carbonica che non si trova. A questo si aggiunge una carenza ormai cronica di autotrasportatori. Il risultato è che alcuni fornitori ci hanno spostato le consegne addirittura dopo il 20 agosto”.

La spirale della crisi dell’anidride carbonica non si chiude con Fanta e Coca Cola. Riguarda e riguarderà anche la birra: un crash con cui la Gran Bretagna si misura già da qualche anno.

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