“Quasi morto per la sperimentazione del vaccino, ma Pfizer ha nascosto la verità”: un volontario dell’epoca svela come funziona la farsa dei test

Si è offerto di partecipare a un trial per il vaccino Pfizer, le sperimentazioni volte a capire l’efficacia e la sicurezza dei farmaci. Ma da quel momento la vita del 37enne Augusto Roux, avvocato di Buenos Aires in Argentina, è stata rovinata: prima una pericardite, poi una serie di problemi epatici che ancora oggi lo affliggono. A due anni da quell’estate del 2020, non riesce ancora a mangiare regolarmente eppure nessuno, nonostante i tanti tentativi, riconosce ufficialmente la sua condizione. Addirittura, è difficile provare cosa successo, visto che la cartella della sperimentazione è sparita nel nulla come per magia.

Una testimonianza da brividi, quella dell’avvocato argentino, che ha raccontato la sua storia alle pagine della Verità, intervistato da Patrizia Floder Reitter: “Quando ho preso parte alla sperimentazione non avevo problemi di salute, e comunque mi fecero una marea di analisi. Il 21 agosto ricevetti la prima dose Pfizer all’ospedale militare di Buenos Aires. Ero il numero 12312982 nello studio C4591001. Ovviamente non sapevo se avevo ricevuto il vaccino vero e proprio o il placebo”. Per Augusto, l’inizio di un incubo.

Poco dopo, l’avvocato aveva infatti manifestato “nausea, malesseri generali. Telefonai al mio referente Pfizer che mi disse di stare tranquillo. La seconda dose mi fu data invece in anticipo rispetto ai 21 giorni previsti dal protocollo. Appena arrivato a casa iniziai a sentirmi poco bene, mi mancava il respiro e non riuscivo ad alzarmi dal letto. In bagno mi accorsi che l’urina era scurissima, poi svenni. Mi ricoverarono d’urgenza per una forte infiammazione al pericardio”. Da Pfizer, da quel momento in poi, un muro di silenzio: “Nessuna risposta”.

“Mi feci privatamente degli esami epatici, tutti sballati. Per molto tempo fu impossibile tenere il cibo nello stomaco. La pericardite passò dopo quattro mesi di febbre e tachicardia. Segnalai la reazione avversaria all’agenzia nazionale argentina del farmaco e chiesi la mia cartella. Ci misero un anno a darmela. C’era scritto che mi avevano dimesso perché positivo al Covid, ma non era vero. Scomparve tutto, ogni relazione col vaccino. In compenso scrissero che presentavo problemi psicologici”.

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