La guerra del gas è già stata vinta da Putin: pagamento in rubli, in silenzio stanno tutti aprendo il conto presso Gazprom Bank

L’Europa continua a lanciare proclami e a stilare documenti. Sul primo fronte Bruxelles ha ribadito ieri che pagare il gas di Putin in rubli non si può fare, perché viola le sanzioni. Sul secondo sta circolando una nuova bozza del famoso piano RepowerEu dove finalmente compare il tetto al prezzo del metano, ma solo in caso di emergenza, mentre di fronte ad uno stop delle forniture russe scatterebbe il razionamento coordinato e la solidarietà tra gli Stati membri per aiutare chi resta a secco.

Dichiarazioni e dossier che sembrano ampiamente superati dagli eventi. La situazione infatti sta precipitando e, nell’attesa che gli espertoni della Ue limino le linee di intervento e, soprattutto, trovino l’accordo per farle diventare operative, ognuno ormai si muove per conto suo. In barba a regole e sanzioni. E decretando di fatto la vittoria dello Zar, almeno sul piano dell’energia. Sul versante delle forniture i rubinetti iniziano a chiudersi davvero. Gazprom ha annunciato ieri che interromperà l’export di gas attraverso il gasdotto Yamal, che trasporta il combustibile attraversando la Polonia (che è stata già lasciata a bocca asciutta dopo il rifiuto di pagare in rubli). L’altro tubo chiuso è quello che passa per l’Ucraina. Questa volta a decidere è stata Kiev, dando ovviamente la colpa ai russi, che renderebbero impossibile il funzionamento dell’impianto. La sostanza cambia poco: a causa del blocco in ingresso a Sokhranivka, hanno fatto sapere da Gazprom, i flussi di combustibile verso l’Europa sono diminuiti di un terzo.


BLOCCO DELLE FORNITURE Accanto agli stop generalizzati dei gasdotti ci sono poi quelli ad personam. Ieri il governo russo ha approvato una lista nera di 31 società, attuali o precedenti filiali di Gazprom, soggette a misure economiche speciali, tra cui Gazprom Germania GmbH e Gazprom Marketing & Trading Ltd., nonché l’operatore della parte polacca del gasdotto Jamal-Europa. Chi è nell’elenco non avrà più la possibilità di fare affari col colosso energetico controllato da Mosca. Nel mirino, infine, pure la Finlandia, che dopo l’annuncio dell’adesione alla Nato potrebbe da oggi non ricevere più il metano di Putin.

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Ed ecco il risultato. Quella zona “grigia” sui pagamenti citata da Mario Draghi durante la trasferta negli Usa sta diventando sempre più affollata. Secondo quanto riferisce Bloomberg ci sarebbero altri dieci acquirenti di gas europei che avrebbero aperto conti presso l’istituto Gazprombank, portando così a 20 il numero totale di aziende che si preparano a sborsare valuta locale per ottenere la prosecuzione delle forniture. Ma non è tutto. Altri 14 clienti, infatti, avrebbero già richiesto la documentazione necessaria per aprire il doppio conto chiesto da Putin su cui l’Ue continua a non prendere una posizione chiara. Insomma, il precedente di Polonia e Bulgaria, che alla fine di aprile si sono visti tagliare il gas dopo il rifiuto di pagare in rubli inizia a spaventare. Anche perché entro maggio scattano tutte le nuove richieste di saldo. Per ora sarebbero solo quattro le aziende che si sarebbero già piegate al ricatto di Mosca. Ma la lista potrebbe presto allungarsi. Anche la nostra Eni è ormai arrivata al bivio.
Non risulta che il gruppo guidato da Claudio Descalzi, che ieri ha ricevuto (la prima volta per un italiano) dall’Atlantic Council il prestigioso Distinguished Business Leadership Award 2022 proprio per il ruolo assunto nel sistema energetico internazionale, abbia ancora avviato l’iter per l’apertura dei conti. L’azienda partecipata dal Tesoro è in stand by in attesa di indicazioni. Qualcosa di più ufficiale, probabilmente, delle parole buttate lì dal premier durante la conferenza stampa.

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  1. Notare come ragionano (si fa per dire) i mentecatti della stampa di regime come questi di libero quotidiano:
    Mosca ci ricatta perchè se non apri un conto alla Gazprom bank che ti cambia gli euro in rubli con i quali puoi pagare il gas alla fine ti sospende la fornitura.
    Loro invece vorrebbero continuare come adesso, cioè a pagare sui conti bancari occidentali dove poi congelano i beni russi con la scusa delle sanzioni.
    In pratica noi inviamo armi per uccidere i russi però vogliamo che questi continuino a rifornirci del gas che ci è indispensabile ed in più lo pretendiamo pure gratis.

  2. The Economist: i ricavi delle esportazioni di petrolio dalla Russia sono raddoppiati

    Le entrate della Russia dalle esportazioni di petrolio sono raddoppiate – e tutto questo, nonostante le sanzioni occidentali.
    Secondo The Economist, le restrizioni non interferiscono con la fornitura ininterrotta di petrolio e gas e il balzo dei prezzi dell’energia ha ulteriormente aumentato i profitti del nostro Paese. Si tratta, in particolare, di incassi mensili per circa 20 miliardi di dollari.

    “Le esportazioni russe nono solo stanno reggendo molto bene, ma aumentano, comprese quelle verso l’Occidente. Le sanzioni mantengono la maggior parte del mondo a vendere petrolio e gas ininterrottamente da mesi.”

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    Le sanzioni occidentali non hanno influenzato le spedizioni russe. L’inefficacia delle sanzioni contro Mosca è riportata dal New York Post.

    Pertanto, i dati del sistema di tracciamento Refinitiv indicano che i volumi di petrolio greggio e prodotti petroliferi spediti dai porti russi sono aumentati a 25 milioni di tonnellate il mese scorso rispetto ai 24 milioni di gennaio, febbraio e marzo di quest’anno.

    Si noti che le esportazioni di petrolio dalla Russia sono effettivamente aumentate ad aprile.

    Una situazione simile si sta sviluppando nel campo del trasporto di merci secche. Il servizio di informazioni marittime Lloyd’s List Intelligence ha affermato che il commercio della Russia con Cina è aumentato del 60% negli ultimi 3 mesi, e Giappone è rimasto stabile in leggero aumento. Si sottolinea inoltre che è aumentato del 25% il numero di navi portarinfuse dirette in Corea del Sud, Egitto e Turchia.

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    Le sanzioni hanno provocato il panico nel mercato mondiale dei diamanti, ha riferito Bloomberg.

    Secondo Bloomberg, le nuove restrizioni potrebbero devastare completamente il mercato e minacciare migliaia di posti di lavoro in tutto il mondo, inclusa l’India, dove nove pietre su dieci vengono levigate e tagliate. I licenziamenti riguarderanno anche i dipendenti di aziende di gioielleria e negozi.

    Ora gli States stanno acquistando la maggior parte dei diamanti dalla città indiana di Surat, dove la RUSSIA fornisce principalmente pietre, ma le loro scorte si esauriranno all’inizio del prossimo mese.

    In India, le restrizioni sui diamanti estratti in Russia sono state chiamate un tentativo di esercitare pressioni sull’economia. Gemme e gioielli sono la terza fonte di reddito dalle esportazioni di questo paese e generano circa 39 miliardi di dollari all’anno. Gli esperti ritengono che in questo modo Washington stia cercando, tra l’altro, di provocare la disoccupazione in India e, di conseguenza, proteste di massa e disordini.

  3. La manovra interessante è che furbamente (maddechè) gli europei credevano di fare incetta di gas d’estate quando i consumi sono più bassi per poter fare la voce grossa d’inverno con le cisterne piene… e invece se và bene arriva giusto quello per lavarsi a prezzi stellari e quest’inverno quando a botti vuote la richiesta salirà alle stelle con prezzi proiettati la dove l’uomo non è mai giunto prima…. ci faranno vedere i sorci verdi… I genialoidi pensavano alla guerra lampo per potersi sganciare subito dal problema energetico…e invece gli (ci) resterà sulle gengive per sempre visto che il medio oriente a già detto “attaccatevi al tram”….

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