Con questo trucco intasano i reparti con pazienti senza sintomi: così questa donna primario spiega come vengano falsate le statistiche

Leggi con attenzione questa intervista e capirai come sia semplice intasare “per finta” i reparti ospedalieri.

Tacconelli (università di Verona): «Nei vaccinati Omicron è un’influenza»

tratto da Corriere.it

La variante Omicron sta cambiando volto alla pandemia ed è urgente che la politica si adegui, plasmando le nuove misure anti-Covid in base a una realtà fatta di un record di contagi, con relativa impossibilità di tracciarne tutti i contatti, e di una netta riduzione di ricoveri e decessi rispetto alle tre ondate precedenti. È l’opionione di un medico sul campo dall’inizio dell’emergenza e che per un certo periodo è passato dall’altra parte della barricata, indossando i panni del paziente. Si tratta della professoressa Evelina Tacconelli, docente di Malattie infettive all’Università di Verona e primario dell’Azienda ospedaliera cittadina, che avverte: «La situazione è profondamente mutata rispetto a due anni fa, da un punto di vista clinico e di epidemiologia sul territorio, e se in questo momento c’è molta confusione è perché stiamo utilizzando gli stessi criteri e gli stessi termini di visuale del problema che usavamo allora. Non c’è a livello politico un approccio calibrato sul quadro attuale, mentre vanno ripensati l’organizzazione e il controllo della pandemia, partendo dalla necessità reale del contact tracing, che oggi non è possibile gestire come quando i casi erano tre.

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«Cambiare la definizione di caso Covid»

Bisogna anche rivedere l’organizzazione degli ospedali e come calcolare l’impatto del Covid-19: non ci si può più basare sul numero di tamponi positivi, nè su un fittizio numero di letti attivabili nei reparti dedicati, bensì sulla reale situazione negli ospedali. E soprattutto — insiste Tacconelli — è necessariocambiare la definizione di caso Covid, che va riferito solo a chi ha la malattia e non a chi ha un semplice tampone positivo. Se non cambiamo questo modo di pensare, in due mesi la sanità crolla. Il problema odierno è che ci sono tantissimi positivi asintomatici in ospedale e vengono trasferiti automaticamente nelle aree Covid, aumentando nettamente i ricoveri e facendo ritardare in modo drammatico l’accesso alle cure dell’anziano con il femore fratturato, della vittima di un incidente stradale o del malato bisognoso di un intervento chirurgico».

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«Trattare gli asintomatici sul territorio»

L’altra spina nel fianco sono i «virostar»: «Si parla in troppi di argomenti di cui non si ha competenza, se non fosse così saremmo più sereni — sostiene l’infettivologa —. Quando ci sveglieremo tra 22 mesi e il Covid sarà una parte del sistema ci ritroveremo con un’enorme porta aperta su tutti i problemi che negli ultimi tre anni abbiamo trascurato». Prima di pensare al futuro bisogna però guardare al presente: chi ha il tampone positivo ma non i sintomi del Covid dev’essere trattato sul territorio, anche perché Omicron nei vaccinati è decisamente meno impattante. «Ha un approccio simil-influenzale — conferma Tacconelli — colpisce solo le vie aree superiori e può essere curata a casa. È una malattia completamente diversa da quella che vedevo otto mesi fa, con una netta riduzione del bisogno di cure semintensive e intensive, quindi molto migliorata. Un vaccinato senza sintomi e senza fattori di rischio, cioè patologie pregresse importanti, può stare a riposo e prendere farmaci come il paracetamolo, con l’unica accortezza di munirsi di saturimetro e misurare la saturazione dell’ossigeno tre volte al giorno. Se è dal 94% in su non c’è problema, se è inferiore va avvertito il medico di famiglia».

«I no vax? I pazienti sono tutti uguali»

Invece per i no vax («per me i pazienti sono tutti uguali e hanno diritto alle stesse cure»), soprattutto se colpiti dalla variante Delta ancora altamente diffusa, non è cambiato niente: il paziente-tipo è il 50enne, magari con altre malattie, che arriva grave all’ospedale e in tre giorni finisce in Rianimazione. La differenza è che adesso ci sono più terapie rispetto a due anni fa. Tre in particolare per trattare il paziente ambulatoriale ad alto rischio Covid, cioè gravato da obesità o diabete scompensato, malattie oncologiche, ematologiche, immunodeficienza, trapianti, insufficienza renale: gli anticorpi monoclonali, il Remdesivir, somministrabile anche nelle Rsa, e la nuova pillola antivirale della Merck. Appena arrivata in Veneto (1440 confezioni), riduce il rischio di ricovero e morte del 50% ma non è indicata per le donne in gravidanza e gli under 18. E poi da una settimana anche i pazienti immunocompromessi, oncologici o che non rispondono al vaccino possono essere trattati con i monoclonali. È in attesa di autorizzazione in Europa un nuovo tipo, che garantisce una protezione per 12 mesi invece dei classici 3 o 4, ma non è un sostitutivo del vaccino.

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