La Cina pronta a stuprare il Nord della Sardegna con il silenzio complice di media e governo: comprati mille ettari di terreni per il più grande parco fotovoltaico d’Europa

Blitz cinese in Sardegna: comprati mille ettari di terreni per il più grande parco fotovoltaico d’Europa
A Guspini autorità locali sul piede di guerra: «No alla centrale solare tra le rovine di Neapolis»

tratto da L’unione Sarda
Con un vero e proprio blitz finanziario, la Cina mette le mani su mille ettari di terreni nel nord Sardegna.

La più grande società fotovoltaica della Repubblica Popolare cinese, la Chint, ha acquistato da una compagine spagnola, la Enersid, il più imponente progetto solare mai pianificato in Italia e in Europa.

Il piano di “invasione” destinato a stravolgere la Nurra era stato svelato 4 mesi fa dal nostro giornale. Ieri la comunicazione alle Borse della vendita del progetto ai cinesi.

Allarme anche a Guspini a causa dei numerosi progetti agrivoltaici, progetti pronti a strappare territorio utile per lo sviluppo e l’economia.

La documentazione di “Green and Blue Su Soi Abc” (presentato da Sf Grid Parity I srl.), riferisce di pannelli pronti ad occupare oltre 250 ettari di terreno fra Guspini (162 ettari) e San Nicolò d’Arcidano (90 ettari nell’Oristanese).

Parte di questi futuri specchi agrivoltaici, capaci di sprigionare una potenza di 152,7 megawatt, rientrano in ambito costiero, siti di interesse comunitario, Zps e vicino alle rovine archeologiche dell’antica città di Neapolis, situata al limite meridionale del Golfo di Oristano. Le autorità locali non ci stanno e si preparano a dare battaglia.

Pnrr, via libera agli espropri per gli impianti su aree agricole. Ma serve un approccio ecologico

di Emanuele Montini per Il Fatto quotidiano del 9 giugno 2021

Il nuovo Decreto Semplificazioni consentirà l’utilizzo delle aree più significative del nostro territorio (parchi, boschi, aree agricole eccetera) per gli impianti che producono energia fotovoltaica, eolica, da rifiuti combustibili e, in generale, da qualsiasi altra fonte non fossile, come previsto dall’allegato I bis del decreto. Questo è l’effetto della abrogazione della norma (comma 2-ter dell’art. 7-bis del Codice dell’ambiente) che, prima, limitava la realizzazione di questi impianti solo alle aree non coltivate o degradate del nostro territorio (aree industriali dismesse e aree già impermeabilizzate).

Si trattava di una norma di buon senso, che serviva a mantenere non solo il nostro patrimonio culturale intatto ma anche a limitare il consumo di suolo vergine, agricolo e boschivo e a riconoscerne l’importante ruolo nell’abbattimento dell’inquinamento atmosferico, attraverso la fotosintesi garantita dal soprassuolo vegetale. Ora anche queste aree potranno essere scelte dalle imprese, per la maggior parte estere, che vorranno costruirci sopra i propri impianti e inceneritori di rifiuti con produzione energetica.

Così accadrà che anche le aziende agricole produttive potranno essere “piastrellate” per farci ettari ed ettari di parchi fotovoltaici. E se l’agricoltore o il piccolo proprietario non volesse vendere o affittare il proprio terreno? Anche qui il nuovo decreto (art. 18, comma 1, lett. a, punto 1) offre una soluzione: la terra gli potrà essere espropriata e affidata all’impresa. Ed è in questo cambio di passo che risiede, per l’ambientalismo industriale, il significato di transizione ecologica: passare da un modello economico territoriale ad alto contenuto occupazionale basato sull’agricoltura di qualità, sul turismo e sulla cultura, a un modello industriale specializzato nella produzione energetica alternativa, a basso contenuto occupazionale e ad altissimo rendimento.

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