Con il silenzio sul caso Elkann si sgretola il mito di Repubblica
Il quotidiano non racconta le vicende della famiglia. Ma se il dossier diventasse esplosivo, che cosa succederebbe ai quotidiani di Exor?
di Marco Scotti per Affari Italiani
Nellāintricata vicenda dellāereditĆ dellāAvvocato Agnelli ci sono diversi profili da tragedia greca e moderna.Ā CāĆØ la mamma Margherita, novella Meda, pronta a sacrificare i suoi figli che ā a suo dire ā lāavrebbero derubata di una parte cospicua di ciĆ² che le sarebbe spettato tra quadri, oggetti di valore e altri preziosi.Ā CāĆØ John Elkann, che, come Macbeth,Ā miete vittime tra i parenti silurando il cugino Andrea dalla presidenza della Juve e della holding di famiglia. E poi cāĆØ unāaltra tragedia, meno evidente ma non per questo meno grave: quella di Repubblica, il diamante (ancorchĆ© appannato) della galassiaĀ Exor che sta perdendo lettori, autorevolezza e, soprattutto, senso.
Il crollo delle copie vendute anno su anno, ben oltre la media di un settore comunque in difficoltĆ , ĆØ poca cosa se paragonata alla gestione dellāinformazione.Ā Se il fascicolo torinese che indaga su Marella, i nipoti, Margherita e lāereditĆ dellāAvvocato dovesse rivelarsi una bufala (o dovesse venire ridimensionato) non ci sarebbero grandi rilievi da fare tranne uno: comāĆØ possibile che Repubblica, paladina della libertĆ di stampa, punto di riferimento della borghesia illuminata e caposaldo delle battaglie contro Silvio Berlusconi e il suo conflitto dāinteressi, si sia ridotta a dare le notizie copiate dallāagenzia di stampa, senza approfondire e raccontare? ComāĆØ pensabile che una notizia come quella che John Elkann ĆØ indagato finisca nella quartāultima riga di un pezzo anodino, per di piĆ¹ condiviso conĀ La Stampa, altra testata del gruppo?
E ancora: perchĆ© trova ampio spazio la difesa degli Elkann, ma non lāaccusa di mamma Margherita?Ā Tutti quesiti che fanno dubitare, una volta di piĆ¹, sulla capacitĆ di riflettere sui dettagli dellāattualitĆ da parte di una testata nata con uno spirito battagliero che ora ĆØ stato sostituito da un timido miagolio. A partire dal suo fondatore, quellāEugenio Scalfari che per quasi un trentennio ne ĆØ stato il padre-padrone, ma anche il garante di un orientamento preciso, alto senza mai scendere a compromessi con i potenti di turno. Uno āspirto guerrierā che ĆØ stato croce e delizia di due generazioni di giornalisti.Ā Il mito ora traballa e crollerebbe del tutto se lāinchiesta di Torino dovesse tramutarsi in qualcosa di concreto, facendo saltare la credibilitĆ italiana di John Elkann.
Che cosa succederebbe allora a Gedi e al suo diamante Repubblica? Probabilmente verrebbe ceduta a qualche compratore,Ā perchĆ© il blasone resta anche se appannato. Ma chi?Ā Su Affari avevamo proposto la famiglia Ferrero, ma ĆØ arrivata una secca smentita.Ā PuĆ² essere Danilo Iervolino, che giĆ aveva comprato lāEspresso dalla famiglia Elkann? Difficile per non dire impossibile. Gli unici ad avere la potenza di fuoco sarebbero Urbano Cairo ā che perĆ² avrebbe poi un problema di concentrazione perchĆ© si ritroverebbe proprietario dei primi tre quotidiani per copie vendute ā o la famiglia Angelucci. Ma davvero sarebbe percorribile una Repubblica riposizionata a destra, magari guidata daĀ Alessandro Sallusti o Mario Sechi? Impossibile. O, almeno, estremamente improbabile. Certo, il declino iniziato dopo che Carlo De Bendetti cedette il controllo della societĆ editrice ai figli ĆØ impossibile da nascondere. E il trend ĆØ ulteriormente peggiorato con il passaggio agli Agnelli.
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