“Non mi devo discolpare” Liliana Segre, come ai tempi del GreenPass, prova a negare il paragone con la Shoah sulla strage di civili in corso a Gaza

Discorso di Liliana Segre al Memoriale della Shoah di Milano in occasione degli 80 anni della sua deportazione ad Auschwitz il 30 gennaio 1944

Lo scorso 27 gennaio sono successe cose che mi hanno lasciato sgomenta. Io non penso proprio di dover rispondere, di dovermi discolpare in quanto ebrea, di quello che fa lo Stato di Israele. Trovo sbagliato mescolare cose completamente diverse, come hanno fatto tanti che hanno pensato di mettere in discussione il 27 gennaio per quello che sta succedendo a Gaza. Evidentemente hanno un bisogno spasmodico di fare pari e patta con la Shoah, di togliere agli ebrei il ruolo di vittime per antonomasia, di liberarsi da un inconscio complesso di colpa.

Questo fenomeno segnala anche un fallimento educativo: in questi piĆ¹ di vent’anni dall’approvazione della legge, sembra che qualcuno abbia scambiato il giorno della Memoria per una specie di regalo fatto agli ebrei. Un regalo da revocare se gli ebrei si comportano male. Ma allora siamo davanti a una catastrofe culturale. Il 27 gennaio non ĆØ fatto per gli ebrei. Gli ebrei hanno 365 giorni della memoria all’anno, non hanno bisogno del 27 gennaio.

Il 27 gennaio serve per ricordare agli europei un crimine europeo e agli italiani, purtroppo, un crimine anche italiano. A questo proposito, dato che si ĆØ giustamente parlato di male assoluto, penso che occorra riflettere sul fatto che non si arriva cosƬ, un giorno per caso, a un assoluto. Ci si arriva attraverso un lungo percorso nel quale ogni passaggio ĆØ funzionale a rendere possibile, a rendere accettato, a rendere addirittura condiviso da molti, quel male. La partenza del convoglio del 30 gennaio 1944 ĆØ, in altri termini, un punto di arrivo.

PerchĆ© si puĆ² giungere a questo solo se, guardando a ritroso, si sono percorse tutte le tappe precedenti: la partecipazione alla guerra al fianco di Hitler, prima la campagna razziale, le leggi razziste, e prima l’avventura coloniale per sottomettere popoli giudicati inferiori; prima ancora l’abolizione di ogni spirito critico attraverso la propaganda di regime, prima l’abolizione della libertĆ  della stampa, l’abolizione dei partiti, l’eliminazione di ogni opposizione, l’instaurazione di un potere assoluto senza nĆ© controlli nĆ© bilanciamenti. Condannare il male assoluto senza condannare la catena che lo ha reso possibile non avrebbe senso.

Ma da qui, dal binario 21 della stazione Centrale di Milano che oggi ĆØ il memoriale della Shoah, i convogli che partivano e arrivavano dove c’era il male assoluto. Ancora oggi invece i negazionisti tendono a confrontarsi con le nostre testimonianze e a giudicarle non per i sentimenti, per i lutti, per le tragedie che avevamo vissuto; ma cogliendo nel ricordo, magari un pochino confuso, di fatti piĆ¹ grandi di noi, la data, il numero delle persone quel giorno andate al gas, dettagli che li rendevano felici e sicuri di poter negare ciĆ² che questo posto testimonia.

Questo posto, perĆ², parla da solo: i ragazzi che vengono a visitarlo non possono dimenticare il male assoluto. Anche se travolti da una realtĆ  che li distrae ā€“ e che a volte non fa scegliere loro la cultura ā€“ il loro futuro ĆØ nelle loro mani. E se non sceglieranno la cultura, se non sceglieranno di leggere tutti i pareri e tutte le testimonianze, non solo della Shoah, non potranno diventare quelle persone colte che pensano con la loro testa, che sanno fare le loro scelte, che non sceglieranno mai un totalitarismo dove una persona sola decide che cosa penseranno tutti. Saranno i nuovi italiani. Saranno quelli che andranno a votare ā€“ mentre il 40% come sappiamo ā€“ non vota. Saranno quelli che saranno in grado di dire veramente di un luogo come questo: Ā«Mai piĆ¹Ā».

Altrimenti saranno, purtroppo per loro, degli indifferenti. ƈ una nonna che parla, una nonna che per fortuna ha dei nipoti e che spera anche di poter arrivare a vedere dei pronipoti. Una nonna che finora ha molto sperato nel futuro, mentre questo periodo cosƬ triste cosƬ pericoloso per tutti, cosƬ violento negli atti di tutti i giorni a prescindere dalle guerre e con le guerre, mi fa pensare ā€“ e purtroppo lo dico tante volte ā€“ di essere vissuta invano. Io spero che il futuro faccia sƬ che si dica quella vecchia lƬ la pensava in un modo, ma invece sbagliava. Io spero ardentemente di sbagliare.

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