In una tranquilla mattinata di sabato a Pedrengo, una cittadina in provincia di Bergamo, si svela una tragedia familiare che scuote l’intera comunità: Monia “Mia” Bortolotti, 27 anni, di origini indiane e cresciuta a Gazzaniga da genitori italiani adottivi, viene arrestata con l’accusa di duplice infanticidio. Le sue vittime sono i suoi stessi figli, Alice e Mattia, deceduti a soli 4 e 2 mesi di età, a distanza di un anno l’una dall’altro.
L’incubo ha inizio con la morte della piccola Alice, seguita un anno più tardi da quella di Mattia, entrambi ritenuti soffocati dalla madre. Un episodio sospetto avvenuto poche settimane prima della morte di Mattia getta ombre sinistre sulla vicenda: Mia avrebbe tentato di uccidere il piccolo anche in quell’occasione, quando il bimbo aveva appena un mese.
Il Corriere di Bergamo riporta dettagli raccapriccianti: nel settembre 2022, Mia chiama il compagno Cristian Zorzi, comunicando che Mattia era cianotico e non respirava. Il deja-vu dell’orrore si ripete per Zorzi, che aveva già vissuto la perdita della figlia Alice. I medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII, tuttavia, riescono a salvare Mattia, ma gli eventi precipitano quando il bambino muore poco dopo.
Un’autopsia viene condotta sul corpo di Mattia, evidenziando sospette analogie con la morte della sorella. Nonostante lo stato di decomposizione impedisca conclusioni definitive, le prove raccolte indirizzano le indagini verso l’asfissia. L’ipotesi degli inquirenti è che Mia abbia ucciso Mattia stringendolo tra le braccia e Alice usando un cuscino.
Il movente dietro questo gesto incomprensibile sembrerebbe la frustrazione di Mia causata dal pianto incessante dei neonati. I carabinieri la descrivono come una donna lucida e calcolatrice. La Bortolotti, nelle prime settimane delle indagini, pubblica tre post su Facebook in una pagina dedicata alle morti in culla, che ora suonano come una giustificazione anticipata per i suoi atti.