Meloni spara la riforma costituzionale per evitare di parlare dei veri problemi degli italiani e l’opposizione rossa casca nel tranello

Il premierato manda ai matti la sinistra. Non soltanto quella Parlamentare, si pensi alle roboanti dichiarazioni dei compagni, daĀ Elly SchleinĀ in giĆ¹, che cavalcano il solito ritornello: la democrazia ĆØ in pericolo, almeno secondo loro. Ritornello che ha stufato e che, soprattutto, non ha mai convinto. GiĆ , per loroĀ ragionare su una riforma costituzionale che assicuri maggior governabilitĆ Ā e, soprattutto, l’elezione di un premier indicato direttamente alle urne ĆØ una sorta di lesa maestĆ . E ad essere lesi sarebbero democrazia e Quirinale.

Si diceva: non solo la sinistra Parlamentare. GiĆ , perchĆ© ovviamente, su Repubblica e Stampa giusto per fare due esempi niente affatto casuali, ecco campeggiare articolesse che gridano allo stesso rischio democratico. In ordine sparso, su Rep abbiamo un Zagrebelsky che chiosa ricordando come FdI sarebbe un partito erede di chi non ha scritto la Costituzione, ovvero i fascisti. Ergo, Giorgia Meloni e i suoi non dovrebbero toccare quella stessa Costituzione. Il sillogismo appare davvero fragile, per ovvie ragioni. Quindi Massimo Giannini, sempre su Repubblica, che parla di “golpetto all’amatriciana”. Toni barricaderi, che perĆ² flirtano col ridicolo.

Ma non solo. Si registra infattiĀ una sorta di salto di qualitĆ , a cui si arriva a tempo record. Sui due quotidiani infatti ecco balzare all’ordine del giorno la possibilitĆ  cheĀ Sergio MattarellaĀ si dimetta. SullaĀ StampaĀ troviamo un paginone in cui il titolo recita: “La legge, il mandato di Mattarella e i timori del passo indietro”. E ancora, per il quotidiano torinese, “in Parlamento serpeggia la paura“, quella delle dimissioni del Capo dello Stato.

Quindi suĀ Repubblica, dove troviamo due pagine di intervista aĀ Giuliano Amato, i cui toni sono apocalittici: “Stravolto il sistema basato sul Parlamento”, tuona. E quando ricordano alĀ Dottor SottileĀ che ora Mattarella ĆØ stato messo in condizione di non poter intervenire pubblicamente su un tema che lo investe personalmente, ecco che Amato risponde: “Per parlare dovrebbe dire prima domani mi dimetto, in modo da affrontare una questione che non lo riguarda piĆ¹: quindi ci auguriamo tutti che non parli”. Insomma, l’ipotesi del passo indietro non ĆØ poi cosƬ peregrina neppure per Amato. E il legittimo sospetto si fa largo a tempo record: si tratta di un’ipotesi o dell’ennesima panzana della stampa progressista? Di una sorta di appello mascherato e disperato al Quirinale? Noi, un’idea ce l’abbiamo.

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