Distruzione del gasdotto, Berlino teme la reazione dei tedeschi alla verità: un’inchiesta ha fatto emergere che gli esecutori sono i servizi ucraini

Sabotaggio Nord Stream, “Gli indizi portano a Kiev”

INQUIRENTI AL LAVORO – Un giornalista dello Spiegel: “Berlino teme la reazione dei tedeschi alla verità”

DI COSIMO CARIDI 

Il 26 settembre 2023, un anno fa, quattro esplosioni hanno distrutto tre delle quattro condutture che compongono Nord Stream 1 e 2. Investigatori tedeschi, svedesi e danesi stanno lavorando sul caso, ma intanto è calato un silenzio surreale. I due gasdotti, il secondo terminato, ma mai entrato in funzione, erano infrastrutture critiche per il governo di Berlino. Sin dalle prime ore dopo il sabotaggio la responsabilità è stata addossata a Mosca. Con il passare dei mesi sono invece emerse prove che indicano Kiev come responsabile.

Qualche settimana fa, il settimanale Der Spiegel ha pubblicato una lunga inchiesta in cui afferma che “un numero sorprendente di indizi punta all’Ucraina”. Il governo non ha risposto, ma nemmeno smentito la ricostruzione giornalistica. “Abbiamo parlato con molte, moltissime persone informate sui fatti e con diversi testimoni – spiega Martin Knobbe, capo della squadra investigativa di Der Spiegel – e l’indizio più evidente sono le tracce di esplosivo trovate sulla barca utilizzata per raggiungere i gasdotti”. Nordstream 1 e 2 sono composti da condotte larghe un metro e lunghe oltre mille chilometri, poggiate sul fondale del Mar Baltico a 80 metri di profondità. Il sabotaggio è stato portato a termine posizionando delle cariche di Octagon, “un esplosivo potente e usato raramente – continua Knobbe – quindi la conclusione è che solo persone in contatto con i servizi di intelligence possano averlo acquistato. Ma l’interrogativo più importante era se una piccola barca come l’Andromeda, lunga appena 16 metri, potesse trasportare tutto l’esplosivo e anche il commando per l’attacco. Sì, è plausibile”. I giornalisti hanno studiato i movimenti dell’equipaggio, poi hanno noleggiato una barca e ripercorso la rotta seguita dall’Andromeda. Il piccolo yacht usato dagli attentatori era stato affittato con un passaporto falso attraverso un’agenzia polacca di proprietà di una donna ucraina. I giornalisti hanno tentato più volte di ricostruire la struttura societaria, ma non esistono uffici e al solo numero di telefono disponibile risponde sempre una donna ucraina che non vuole dare informazioni. Il gruppo di attentatori era composto da cinque uomini e una donna, il documento falso utilizzato è di un anziano moldavo, ma la foto ritrae invece Valeri K. un uomo ucraino di Dnipro. “Non sappiamo se fosse parte del commando – dice il giornalista – abbiamo tentato di contattarlo, ma né lui né la sua famiglia hanno voluto parlarci”.

Valeri K. è un soldato della 93ª brigata, anche il padre è un ex militare con grande esperienza marittima: dopo aver lasciato l’esercito si è trasferito in Turchia dove ha lavorato in cantieri navali. Pochi anni fa è stato arrestato per traffico di migranti nel mar Egeo. “Non ci sono elementi – sottolinea Knobbe – che colleghino il presidente Zelensky alle esplosioni. Ce lo hanno ripetuto tutte le persone con cui abbiamo parlato. Ma è abbastanza evidente che tutte le persone coinvolte sono legate all’Ucraina”.

Il dubbio avanzato da più parti è come un piccolo commando possa riuscire a portare a termine, senza essere minimamente disturbato, un sabotaggio così plateale in un braccio di mare altamente trafficato e dove solo pochi giorni prima si stavano tenendo delle esercitazioni congiunte della Nato. Secondo il giornalista investigativo “il background e la formazione del gruppo indicano un’azione professionale: forse servizi segreti o militari”.

Nelle ricostruzioni, di investigatori e giornalisti, sembra plausibile che anche solo sei persone con la giusta attrezzatura e le informazioni sulla posizione delle condotte abbiano portato avanti l’attacco. “La prima lezione da imparare è che siamo molto vulnerabili”, aggiunge Knobbe che però non distribuisce colpe al governo Merkel o a quello di Scholz “è molto facile farlo a posteriori”.

La politica tedesca non ha saputo reagire al sabotaggio: nessuno ne vuole parlare e ancor meno prendere in considerazione la possibilità che il governo o lo stato maggiore ucraino siano coinvolti. “Il problema non è solo come gestire la questione tra Kiev e Berlino, ma la domanda è cosa vuol dire per i cittadini tedeschi. Mandiamo armi all’Ucraina, più molti altri aiuti. Più di un milione di profughi sono stati accolti in Germania. Se verrà fuori che Kiev è responsabile del sabotaggio ci sarà una reazione della popolazione”. La politica tedesca ha paura e per questo in molti, tra cui lo stesso Knobbe, dubitano che ci sarà mai una risposta definitiva e come questa verrà comunicata.

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