E’ morta Michela Murgia: il tumore ha avuto il sopravvento. Aveva 51 anni

La scrittrice Michela Murgia è morta a Roma a 51 anni: era malata da tempo e aveva rivelato nei mesi scorsi di essere affetta da un carcinoma renale al quarto stadio. Aveva scelto di vivere pubblicamente il periodo della sua malattia, continuando a raccontarsi attraverso i suoi canali social ma anche facendo della “sopravvivenza emotiva” il tema dell’ultimo libro, Tre ciotole. Rituali per un anno di crisi, uscito per Mondadori in primavera, presentato dall’autrice in maggio al Salone del libro di Torino e ancora nei primi posti delle classifiche di vendita.

Nata a Cabras, in Sardegna, nel 1972, Michela Murgia prima di dedicarsi alla scrittura ha svolto molti mestieri, tra cui l’insegnante di religione nelle scuole e la dirigente di una centrale termoelettrica. Militante di Azione Cattolica, ideò uno spettacolo teatrale rappresentato a Loreto a conclusione del pellegrinaggio dell’Azione Cattolica nel 2004, al quale assistette papa Giovanni Paolo II. In quegli anni ha raccontava in un blog, Il Mio Sinis, la sua Sardegna e nel 2007 fu inserita tra gli scrittori riuniti nell’antologia Cartas de logu: scrittori sardi allo specchio.

Anche Il mondo deve sapere (prima edizione 2006) nacque come un blog, dove l’autrice raccontava una delle sue esperienze lavorative giovanili, come operatrice in un call center. Il libro ha ispirato l’opera teatrale omonima Il mondo deve sapere (di David Emmer, con Teresa Saponangelo) e la sceneggiatura del film Tutta la vita davanti di Paolo Virzì. Per Einaudi ha poi pubblicato Viaggio in Sardegna. Undici percorsi nell’isola che non si vede (2008).

Il successo letterario arriva l’anno successivo, nel 2009. Il romanzo Accabadora vince il premio Dessì, il Super Mondello e il premio Campiello. Ambientato nella Sardegna rurale degli anni Cinquanta, è incentrato sulla figura, storicamente non comprovata, della femina accabadora, una donna che, con una sorta di eutanasia rituale, veniva chiamata dalle famiglie a dare la morte a chi fase terminale. Protagoniste della storia, la piccola Maria e la sarta di cui è filla de anima, ossia adottiva: è quest’ultima, scoprirà Maria, a ricoprire il misterioso ruolo di accabadora nel piccolo paese in cui vivono. Nella vicenda narrata c’è un’eco della storia dell’infanzia di Michela Murgia, che dedica infatti il romanzo alle sue due madri, quella biologica e quella affidataria.

Negli anni successivi, mentre alterna saggi come Ave Mary (2019) romanzi come Chirù (2015) e pamphet come Istruzioni per diventare fascisti e Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più, la voce di Murgia viene amplificata da una crescente popolarità sui social network, dalla sua attività teatrale e via podcast (il progetto Morgana, diventato anche un libro, realizzato con Chiara Tagliaferri). Tutti strumenti di cui si serve per affermare i temi che affronta – una visione diversa della storia sacra, che restituisca al femminile una centralità negata; una visione diversa della società che non solo a parole ma negli atti promuova la parità di genere; una visione diversa della politica, che sia nei fatti davvero democratica e antifascista.

Si intitola infatti God Save the Queer il saggio del 2022 che porta come sottotitolo “Catechismo femminista”. E il tema del queer, come visione alternativa al patriarcato è diventato centrale nell’ultima fase della vita della scrittrice, che ha deciso, una volta scoperta la gravità delle sue condizioni di salute, di far conoscere la sua “famiglia queer”, ossia il gruppo di persone, amici e “figli d’anima”, che rappresenta il circolo dei suoi affetti più cari e con cui ha scelto di condividere la vita nella nuova casa alle porte di Roma.

Proprio qui si è sposata con rito civile “in articulo mortis” con Lorenzo Terenzi, attore, regista, autore e musicista, conosciuto nel 2017 grazie a uno spettacolo teatrale in cui lei era la protagonista e lui lavorava alla regia; l’annuncio del matrimonio è stato dato dalla stessa Murgia il 15 luglio scorso con un video postato sui suoi social, in cui invitava a non farle gli auguri, in quanto era l’unico modo “per garantirci i diritti a vicenda” e definiva il matrimonio civile “uno strumento patriarcale e limitato” aggiungendo che “il rito che avremmo voluto ancora non esiste. Ma esisterà e vogliamo contribuire a farlo nascere”. Così ha immaginato una festa queer celebrata nel suo giardino il 22 luglio: con tutte le persone care in abiti bianchi, genderless, firmati dall’amica Maria Grazia Chiuri, direttore creativo di Dior, raccolte intorno a lei. Ricoverata in ospedale qualche giorno dopo, scriveva su Instagram: “a chi mi chiede come sto do la risposta che dava Cesare de Michelis. “posso stare meglio, ma non posso più stare “bene”. In quei giorni, nelle stories su Instagram la scrittrice ha iniziato a pubblicare vecchie foto: di vacanze, conferenze, serate con amici e persone care. E anche una foto di sé adolescente, in jeans e maglietta, in Sardegna. Addio Michela Murgia, la ragazza che voleva essere libera.

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