“Uccisa e fatta mangiare dai maiali” Maria Chindamo non era scomparsa, la verità emerge soltanto adesso: il racconto choc della figlia

Maria Chindamo ammazzata e fatta mangiare dai maiali. La donna è scomparsa nel nulla 6 anni fa a Limbadi, in Calabria. A raccontare la vicenda ai microfoni di Chi l’ha visto è la figlia della donna, Federica. “Non è sparita, mia madre l’hanno fatta sparire”, racconta la giovane. La ragazza, insieme ai suoi 2 fratelli fa un appello ai rapitori della madre: “Mi rivolgo a chi ha ucciso mia madre, spero si pentano. Una mattina mia madre si è alzata presto come al suo solito, mentre usciva dalla porta di casa io l’h notata e mi ha mandato un bacio.

È stata l’ultima volta che l’ho vista. Qualcuno sicuramente l’ha aspettata, quello che è successo dopo l’abbiamo immaginato. Non sappiamo ancora chi sia stato”. Da quello che riportano le indagini, Maria Chindamo sarebbe morta per uno “specifico interesse del clan Mancuso all’acquisizione dei suoi terreni”. Sembra che il suo assassinio sia stato premeditato per interessi economici.

Maria Chindamo ammazzata e fatta mangiare dai maiali

La donna è scomparsa il 6 maggio del 2016 nei pressi della sua tenuta agricola a Limbadi, poco dopo però Maria è stata trucidata e gettata ai maiali. Lo riferisce l’ultima inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Maestrale Carthago” del 10 marzo scorso. Da quello che che riporta l’inchiesta, uno dei responsabili sarebbe Diego Mancuso, 69enne arrestato e ritenuto da sempre uno dei boss di Limbadi.

Maria Chindamo ammazzata e fatta mangiare dai maiali

Sempre secondo l’inchiesta Mancuso possedeva molti appezzamenti di terra gestiti in maniera abusiva. È a quel punto negli interrogatori emerge proprio l’interesse di Diego Mancuso per i terreni della povera Maria Chindamo. L’uomo l’aveva definita “un’imprenditrice che aveva una piantagione di Kiwi che si stava accaparrando i suoi terreni e che avrebbe dovuto sistemare la situazione”.

Così è stato, almeno secondo l’inchiesta. C’è anche un altro fatto, sembra che il marito della vittima, morto suicida nel maggio del 2015, aveva già segnalato un anno prima del rapimento che un vicino di terreno, Salvatore Ascone, aveva chiesto l’utilizzo di una stradina interpoderale che passava sui terreni di Chindamo-Punturiero.

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