Morto nel sonno a 98 anni lo storico esponente della vecchia guardia DC Virginio Rognoni: oramai l’unico che rimane in vita di quella generazione e’ il signor Napolitano

Si è spento nel sonno nella sua casa di Pavia. L’ultimo incarico come vicepresidente del Csm fino al 2006

E’ morto questa notte, nella sua casa di Pavia, Virginio Rognoni, uno dei politici italiani più conosciuti della seconda metà del Novecento. Rognoni, che aveva compiuto 98 anni lo scorso 5 agosto, si è spento nel sonno.

Docente alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Pavia, è stato un personaggio di primo piano della Dc. Fu ministro dell’Interno negli anni di piombo (dal 1978 al 1983) e, successivamente, di ministro della Giustizia e della Difesa.

Dopo la fine dell’esperienza della DC, aveva aderito prima al Partito Popolare e poi al Pd. E’ stato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura dal 2002 al 2006. Il segretario del Pd Enrico Letta lo ha ricordato così su Twitter: “E’ stato un protagonista sempre in positivo di tante stagioni importanti della vita istituzionale del Paese. Un grande amico e un punto di riferimento. Un abbraccio affettuoso alla famiglia”.

Morto Virginio Rognoni, dal collegio Ghisleri alla politica

Rognoni era nato a Corsico, in provincia di Milano il 5 agosto del 1944, studente del prestigioso collegio Ghislieri, dopo la laurea in giurisprudenza nel 1947 e l’esperienza da borsista alla Yale University, in Usa, intraprese la carriera accademica, divenendo Professore di Istituzioni di diritto processuale a Pavia. Dopo la gavetta politica, da amministratore della Dc al Comune di Pavia, negli anni ’60, Rognoni, nel 1968, arriva a Montecitorio, dove siederà ininterrottamente nei banchi democristiani fino al 1994.

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Gli anni al Viminale tra la lotta al terrorismo e le stragi di Ustica e Bologna

Molti gli incarichi di governo: dal 1978 al 1983, appunto, fu ministro degli Interni negli esecutivi Andreotti, Cossiga, Forlani, Spadolini e Fanfani. Erede al Viminale di Francesco Cossiga, è lui che guidò il ministero nella fase più cruenta della lotta al terrorismo, subito dopo la morto di Aldo Moro, ucciso dalle Br.

Al Viminale saranno cinque anni densi di avvenimenti e anche di episodi controversi, dalle accuse alle forze antiterrorismo per le presunte torture ai brigatisti rapitori del generale della Nato, l’americano James Lee Dozier, alla vicenda della fuga in Francia di Marco Donat Cattin, figlio del ministro del Lavoro, Carlo, accusato di banda armata e terrorismo, all’autorizzazione, a firma Rognoni, della pubblicazione del memoriale di Moro rinvenuto a via Montenevoso.

Rognoni fu al Viminale durante la tragica estate del 1980, segnata dalle stragi di Ustica e della stazione di Bologna. Da ministro si impegnò anche nella lotta alla criminalità organizzata. Da titolare del Viminale firmò, con Pio La Torre, la Legge 646 che porta nel codice penale il reato di ‘associazione mafiosa’ e – su indicazione di Falcone e Borsellino – introdusse la misura del sequestro dei beni per i mafiosiMinistro di Grazia e Giustizia nell’87 nei governi Craxi e FanfaniMinistro della Difesa nel sesto e settimo governo Andreotti, tra il 1990 e il 1992. Impegno, quest’ultimo, che gli tirò addosso le aspre critiche di parte della sinistra Dc.

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Morto Virginio Rognoni: il manifesto dell’Ulivo come ‘saggio’ e l’adesione al Pd

Con la stagione di Mani Pulite e il declino dei partiti della Prima Repubblica, di fronte alla diaspora democristiana, Rognoni seguì Martinazzoli aderendo al Partito Popolare ItalianoFu tra i dodici ‘saggi’ che scrissero il manifesto dell’Ulivo nel 2007, approdando infine nel Partito democratico. Tra il 2002 ed il 2006, Rognoni ha rivestito la carica di vicepresidente e successivamente di componente del Consiglio Superiore della Magistratura. Tifosissimo della Juventus, squadra della quale non perdeva una partita, una volta disse: “La Juventus ha vinto sempre, è il partito della maggioranza relativa, la squadra che ha più consenso, partito di governo”.

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