Otto mila euro al mese, ma non sono italiani. Dopo quello dei medici scoppia lo scandalo degli “infermieri d’oro” ingaggiati all’estero per sostituire quelli perbene che non si sono vaccinati

In un’Italia nel pieno di un’emergenza dovuta alla carenza del personale sanitario, negli ospedali come nelle Rsa, queste notizie colpiscono ancora più duramente. Ma partiamo dal principio. Secondo stime della Fnopi, la Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, sono circa 70.000 gli infermieri di cui il sistema sanitario avrebbe necessità, dei quali ben il 45% al Nord. Premesso questo, si apprende da La Verità che le residenze sanitarie assistenziali di Treviso, nel Veneto, cercano di ovviare a questa situazione di penuria del personale sanitario chiamando a lavorare degli infermieri stranieri, soprattutto provenienti da Paesi dell’ex Jugoslavia, principalmente Slovenia e Croazia.

I fortunati che vengono raggiunti dalla chiamata possono arrivare a guadagnare anche 400 euro a notte, come denunciato da Giorgio Pavan – direttore dell’Israa di Treviso e del Gris di Mogliano, due istituti per gli anziani della Marca – attraverso le pagine del Gazzettino. «C’è una deregulation disarmante. Un Far west», ha tuonato, chiedendosi «quale grado di qualità» possa garantire nell’assistenza alle persone «chi fa il pendolare dall’estero» . Infermieri che si portano a casa fino a 8.000 euro al mese lavorando nelle case di riposo del Nord Est, sembra assurdo ma è proprio così.

Sono ben cinque le strutture del Trevigiano hanno dovuto chiudere alcuni settori perché non riuscivano a trovare degli assistenti per i loro ospiti. E nel solo Israal, l’Istituto per servizi di ricovero ed assistenza agli anziani che conta 800 residenti, su 75 infermieri si contano a malapena 10 italiani a fronte di ben 65 stranieri, fatti arrivare persino da Argentina e Marocco. In questo caso, però, non si tratta di migranti a basso costo, anzi tutt’altro: «Il costo dei singoli professionisti o dei servizi erogati dalle cooperative è aumentato mediamente del 30%», spiega Pavan. Tutto questo mentre resta fermo a 1.700 euro al mese lo stipendio degli infermieri assunti. Secondo il conto annuale della Ragioneria generale dello Stato 2020, da poco pubblicato, la retribuzione è di 34.711 euro l’anno lordi, quindi circa 22.600 euro netti che su tredici mensilità diventano circa 1.700 euro al mese. Per intenderci, in Svizzera il guadagno lordo annuo è di 56.000 euro, in Germania di 59.00 euro, in Lussemburgo di 100.000 euro.

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Come sempre l’Italia si attesta alle ultime posizioni per quanto riguarda le retribuzioni medie di certe professionalità. In questo caso si tratta di un lavoro non facile, quale è quello di assistere con competenza anziani, disabili, soggetti fragili. I concorsi pressoché deserti lo testimoniano bene. Semplicemente sono in molti a pensare che non ne valga la pena a quelle cifre. Una decina di giorni fa, Assocarenews ha pubblicato la lettera di Silvia, dieci anni di esperienza in residenze dell’Emilia Romagna, che sottolineava il basso stipendio degli infermieri, la «mancanza assoluta di criteri di formazione a breve, medio e lungo termine; l’impossibilità nei fatti di essere valorizzati o di fare carriera». Ecco perché, scriveva, gli infermieri preferiscono lavorare nel pubblico, nel privato. «Ed ecco perché li si cerca ora all’estero, come il pane», concludeva. Un fallimento sotto tutti i fronti, a cui bisogna immediatamente porre rimedio attraverso delle riforme politiche radicali.

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