“Il Papa attacca la Nato e loro fanno finta di niente” Francesco Borgonovo così sbertuccia non solo il regime, ma anche i pennivendoli in servizio permanente

Francesco Borgonovo per “La Verità

Chissà, magari fra un po’ inizieranno a chiamarlo Bergogliov e lo accuseranno di essere un agente al servizio del Cremlino. Per ora, si limitano a invitarlo a tacere, o a nascondere alla bell’e meglio le sue parole più taglienti. In effetti, a leggere il Corriere della Sera di ieri, sembrava quasi che papa Francesco si apprestasse a scomunicare Vladimir Putin.

E di certo il pontefice, nell’intervista concessa al direttore Luciano Fontana, non è stato tenero col presidente russo, concedendosi pure qualche iperbole. Tra le altre cose ha paragonato il conflitto in Ucraina al genocidio del Rwanda, ha detto che «tanta brutalità» deve fermarsi, e ha spiegato di essere pronto a recarsi a Mosca «a incontrare Putin», evidentemente per invitarlo a deporre le armi.

Qualche robusta bacchettata il papa l’ha rifilata anche al patriarca Kirill della chiesa ortodossa di Mosca: «Il patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin», ha detto Bergoglio, «io avevo un incontro fissato con lui a Gerusalemme il 14 giugno. Sarebbe stato il nostro secondo faccia a faccia, niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo». Insomma, il capo di Santa Romana Chiesa ha ribadito la più ferma condanna della guerra, e non ha concesso attenuanti ai russi.

A ben vedere, però, ha fatto schioccare parecchio la frusta anche all’indirizzo degli artiglieri da tinello di casa nostra, ma questa parte del suo messaggio è stata fatta passare – come dire – leggermente in sordina.

Francesco ha riservato all’Occidente parole decisamente ruvide. L’ira di Putin, ha spiegato, «non so dire se sia stata provocata, ma facilitata forse sì». E da che cosa? Semplice: dall’«abbaiare della Nato alla porta della Russia».

Non stupisce, dunque, che una bella fetta del suo discorso non sia molto gradita ai media, i quali preferiscono rilanciare le dichiarazioni relative al possibile incontro con Putin. Anche in quel passaggio, tuttavia, è contenuta una robusta lezione per tutti coloro che, nei giorni scorsi, contestavano la decisione del segretario generale Onu, Antonio Guterres, di recarsi a Mosca prima che a Kiev.

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Ebbene, Francesco indica le stesse priorità: «A Kiev per ora non vado», afferma. «Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin». Un’agenda esattamente contraria a quella stabilita dagli americani la settimana passata, e non è certo un caso: Francesco ha in mente un percorso di pace, mentre gli Stati Uniti continuano a camminare sul sentiero di guerra.

L’immagine canina non è certo delle più tenere, e non capita spesso che il Papa utilizzi toni di questa portata. Ma nei titoli scodellati dal quotidiano di via Solferino delle suddette parole non v’era traccia. «Putin non si ferma, voglio incontrarlo. Ora non vado a Kiev», gridava a caratteri cubitali il Corriere.

Nei sommari riprendeva le frasi dolenti del Pontefice sulle armi all’Ucraina, e quelle elogiative nei confronti di Sergio Mattarella, Giorgio Napolitano e persino Emma Bonino («la rispetto molto, non condivido le sue idee, ma conosce l’Africa meglio di tutti».

Nemmeno un riferimento, tuttavia, alla reprimenda indirizzata all’alleanza atlantica nessuna traccia. A quanto pare, il Bergoglio che si sottrae al discorso manicheo e sa orientarsi tra torti e ragioni ha messo in imbarazzo i suoi stessi intervistatori.

Succede spesso, negli ultimi tempi.

Questo Papa che non si fa ghermire dal pensiero prevalente, e che continua a invocare la pace senza guardare da una parte sola ha mandato in crisi i sinceri progressisti di mezzo mondo. I quali, dopo averlo tanto elogiato in passato, ora probabilmente preferirebbero che tacesse.

Emblematico il tweet pubblicato ieri dal solito Claudio Velardi: «Il Papa sostiene che la Nato ha abbaiato inducendo Putin a scatenare la guerra», ha scritto. «Dice che Orbán gli ha assicurato che il 9 maggio finisce tutto Forse è meglio il Papa continui a prendersi cura delle anime più che di vicende terrene».

Curioso: finché si occupava di migranti, Francesco veniva ripetutamente invitato a occuparsi di faccende terrene. Adesso che insiste sulla pace, entrando in conflitto con i desideri dei progressisti euroatlantici, ecco che gli intimano di star zitto e di farsi gli affaracci suoi. Lui, però, zitto non ci sta.

Non solo infila il dito al centro della piaga Nato, ma fa pure notare l’alto tasso di ipocrisia atlantica. In un libro appena uscito intitolato Contro la guerra, Francesco ricorda le «guerre per procura» e cita il caso della Siria. Non pago, fa riferimento allo Yemen, un tasto su cui ha battuto anche nel dialogo con il Corriere: «Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano», ha detto.

«Due o tre anni fa a Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno detto: pensiamo ai bambini dello Yemen. È una cosa piccola, ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così». Già: ormai da anni i portuali di Genova, ciclicamente, bloccano le armi dirette nella Penisola arabica, e che il Pontefice li citi non è casuale.

L’invito non è esattamente esplicito, ma nei fatti Bergoglio sta appoggiando il boicottaggio delle spedizioni di materiale bellico. In pratica, il Papa sembra aver deciso di spalleggiare autorevolmente le iniziative dei pacifisti più radicali, cioè quelli che quotidianamente vengono svillaneggiati dai giornali italiani, specie quelli di sinistra.

Non stupisce, dunque, che una bella fetta del suo discorso non sia molto gradita ai media, i quali preferiscono rilanciare le dichiarazioni relative al possibile incontro con Putin. Anche in quel passaggio, tuttavia, è contenuta una robusta lezione per tutti coloro che, nei giorni scorsi, contestavano la decisione del segretario generale Onu, Antonio Guterres, di recarsi a Mosca prima che a Kiev.

Ebbene, Francesco indica le stesse priorità: «A Kiev per ora non vado», afferma. «Io prima devo andare a Mosca, prima devo incontrare Putin». Un’agenda esattamente contraria a quella stabilita dagli americani la settimana passata, e non è certo un caso: Francesco ha in mente un percorso di pace, mentre gli Stati Uniti continuano a camminare sul sentiero di guerra.

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