Sonny Coltelli, carriera finita? I sanitari non trovano la causa del problema al cuore che ha colpito il campione di ciclismo. Vuoi vedere che è colpa del sacro siero?

Cosimo Cito per “la Repubblica”

Sonny Colbrelli è tornato in Italia a bordo di un aereo attrezzato con defibrillatore. Lo scarno comunicato della Bahrain Victorious, pubblicato ieri mattina, recitava così: «Altri esami verranno effettuati nei prossimi giorni in un centro di eccellenza italiano per la diagnosi e la cura delle malattie cardiovascolari».

Sarà il professor Domenico Corrado, direttore dell’Unità operativa dipartimentale per le cardiomiopatie aritmiche e Cardiologia dello Sport dell’Università di Padova a cercare di capire le cause dell’aritmia cardiaca che lunedì 21 marzo, dopo lo sprint nella prima tappa della Volta a Catalunya, a Sant Feliu de Guíxols, ha rischiato di ammazzarlo.

Fosse avvenuto in allenamento, in una corsa di livello inferiore, con gruppo più sfilacciato, senza cioè l’ambulanza immediatamente alle spalle, Colbrelli avrebbe avuto poche possibilità di sopravvivere. I soccorsi La prima volata della corsa catalana la vince l’australiano Matthews, il bresciano è secondo. Colbrelli è reduce da una forte bronchite, ha saltato la Milano-Sanremo, ma al Catalunya sembra il corridore brillante dell’ultimo anno.

«L’ho visto arrivare» racconta Gianni Marcarini, ex gregario di Poulidor che ora gira Francia e Spagna per vendere maglie del ciclismo e un suo libro di memorie, «volevo salutarlo, ci eravamo incontrati anche prima della sua Roubaix, mi sentivo anche un suo portafortuna. L’ho abbracciato, eravamo a 50 metri dall’arrivo, ma è scivolato a terra, aveva un piede ancora nell’attacco, le convulsioni, per pochi istanti ha anche continuato a pedalare con una sola gamba».

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Marcarini ha poi visto arrivare i primi soccorsi, «l’ambulanza ci ha impiegato almeno 3-4 minuti, poi i sanitari hanno iniziato col massaggio cardiaco, gli hanno praticato un’iniezione di adrenalina, infine hanno usato un defibrillatore. L’ambulanza però non è ripartita subito, e ho pensato al peggio».

Il mezzo è arrivato a sirene spiegate all’ospedale universitario Trueta di Girona, un parallelepipedo arancione piantato accanto al riu Ter. Nelle ore successive i comunicati – più rassicurante quello del team, più allarmante e dettagliato quello della struttura – hanno inquadrato il problema: aritmia cardiaca instabile, arresto cardio-respiratorio, uso del defibrillatore. Al sesto piano dell’ospedale, tra pazienti di 84, 85, 77 e 79 anni, c’era anche il 31enne Colbrelli. Gli esami dell’equipe del dottor Brugada hanno dato «risultanze non definitive ». Vuol dire che non si sa, al momento, cosa abbia procurato l’aritmia: sforzo, il post-Covid, una malformazione congenita mai rintracciata?

Secondo un report della Società italiana di cardiologia dello sport, solo il 38% degli sportivi che richiedono l’idoneità sportiva conclude l’iter con elettrocardiogramma a riposo ed ecocardiogramma. Il 61% viene rinviato ad un secondo grado di giudizio e sottoposto a risonanza magnetica cardiaca, holter, coronarografia, studio elettrofisiologico endocavitario (SEF), test genetico.

L’ipotesi peggiore Ora Colbrelli dovrà ripetere tutti gli esami a Padova. E poi, probabilmente, dovrà sottoporsi a impianto di un defibrillatore sottocutaneo, come Eriksen. Secondo i “Protocolli cardiologici per il giudizio sull’idoneità allo sport agonistico”, pubblicati dal Comitato organizzativo cardiologico, firmati anche dal professor Corrado, «l’idoneità sportiva dovrebbe essere negata negli sport a elevato rischio cardiovascolare».

A Eriksen, o anche all’astista tedesca Katharina Bauer, l’idoneità è stata concessa perché altrove non esistono protocolli così rigorosi. L’Italia è tra i pochi paesi d’Europa, anzi, a richiedere l’idoneità sportiva. Se non fosse italiano, con il defibrillatore Colbrelli potrebbe continuare a correre. La febbre Il 6 marzo Colbrelli aveva completato la prima tappa della Parigi-Nizza. A Mantes-la-Ville pioveva ed era freddo. «Ho parlato con Sonny in corsa» ha detto il belga Oliver Naesen, «e mi ha detto di non stare bene, di avere la febbre. È una cosa rischiosa partire in quelle condizioni con la febbre».

Colbrelli non si è mai dovuto fermare per Covid in questi due anni ed è vaccinato. La Parigi- Nizza l’avevano iniziata in 154 e, dopo 8 tappe, l’hanno chiusa in 59. Un virus stagionale ha eliminato il 38% dei partenti. Il gruppo sta male, ma bisogna correre per la squadra, per se stessi, perché niente allena più di una gara. Chi scende dalla giostra è perduto.

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