La sua bimba non ne può più: Ilaria Salis e l’ennesimo piagnisteo del suo paparino. Non si capisce a quale titolo fosse ospite del Salone del libro

Il papà di Ilaria Salis al Salone del Libro: «Il carcere in Ungheria per mia figlia è peggio del 41 bis»
di Paolo Morelli per Corriere.it
Roberto Salis: «Anche il regime alimentare è complicato. Siamo riusciti a farle avere un phon dopo quattordici mesi. Per sette mesi ci sono stati negati i contatti»

«Mia figlia deve stare dentro 23 ore al giorno e ha solo un’ora d’aria. È un carcere duro che è peggio del 41 bis». Parole di Roberto Salis, padre di Ilaria, insegnante che si trova in prigione in Ungheria e per 7 mesi non ha potuto comunicare nemmeno con la sua famiglia.

«Il giudice aveva stabilito – rivela Salis al Salone del Libro – di non poter verificare che io e mia moglie fossimo persone perbene. Ho chiesto all’Ambasciata di garantire per noi ma non siamo riusciti ad aprire questo canale prima del 7 settembre scorso». Ora Ilaria Salis è in carcere da 14 mesi e le prospettive, oltre alle udienze in cui viene fatta accedere all’aula incatenata, sono poco rosee.

«Dobbiamo tirarla fuori, non ne può più»

«Mia figlia non ne può più – racconta il papà –  è lì da quindici mesi, vive una situazione complicata. Dobbiamo tirarla fuori. È più duro del 41 bis dell’Italia. Anche il regime alimentare è complicato. Siamo riusciti a farle avere un phon dopo quattordici mesi. Per sette mesi ci sono stati negati i contatti, ora posso parlarle solo 70 minuti alla settimana, due ore di Skype al mese. Mi chiama lei», ha aggiunto. «Per fortuna è una roccia, io tengo duro».

La candidatura

L’attivista è stata candidata alle elezioni europee con l’Alleanza Verdi Sinistra, se venisse eletta potrebbe ottenere l’immunità e uscire dal carcere. «La prossima udienza è il 24 maggio – dice Roberto Salis – poi il tribunale andrà in ferie e se ne riparlerà a settembre. La situazione è kafkiana, perché gli atti devono essere tradotti nella lingua dell’imputato, affinché possa capire di che cosa si è accusati, ma ci hanno detto che saranno disponibili a novembre. Nell’ambito delle incongruenze dell’Unione Europea, se Ilaria fosse cittadina ungherese avrebbe l’immunità dal 1° maggio, invece è italiana e resta in carcere, è un caso di razzismo».

Carcere duro

Il tema riguarda soprattutto le condizioni con cui Ilaria Salis viene tenuta in un carcere duro senza ancora aver subito un giusto processo. «Mando un messaggio: bisogna liberare Ilaria – dice Roberto Salis – perché non è possibile che subisca vessazioni in un Paese che si dichiara democrazia illiberale. Ilaria può leggere due libri al mese, che vengono controllati». Da qui l’idea del parlamentare Marco Grimaldi: «Lanciamo un appello agli editori del Salone – dice – mandate libri nelle carceri, anche quelle ungheresi, vediamo se li sottopongono a embargo come le armi».

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