“Da miliardario a muratore”. La parabola del calciatore, da idolo della San Siro nerazzurra all’oblio. C’entra anche la “passione” per le donne

“E’ stata tutta colpa di un infortunio. In quei momenti, se fai il calciatore hai donne in qualsiasi momento, in qualsiasi modo. Perché poi io sono un po’ figlio di m****tta”. Si racconta così, senza peli sulla lingua, l’ex terzino sinistro che sembrava un predestinato, approdato ai fasti di San Siro nel 2000 per volontà di un allenatore assai importante: Marcello Lippi. Che lo aveva voluto fortemente all’Inter. Ma poi le cose sono andate diversamente. Fabio Macellari è un personaggio, a suo modo. Un po’ James Dean, con quell’aspetto da attore maledetto, un po’ guascone. Ama raccontarsi e gli piace condividere la sua epopea. Forse non così insolita nel mondo del pallone, ma decisamente particolare anche per le aspettative che molti avevano su di lui. Che da miliardario idolo delle folle è passato a fare il cameriere, il boscaiolo, il fornaio e ora il muratore ad Amatrice. Dove lavora in cantiere per la ricostruzione del paese distrutto dal terremoto del 2016.

“Avere tante donne non mi bastava più”, confessa l’ex calciatore in un’intervista a Fanpage. “Arrivi al campo, ti buttano il fogliettino con il numero di telefono… Cioè, capito, quindi non basta più niente, c’è bisogno di alzare la posta perché ti stavi annoiando”. E in quell’alzare la posta c’è la fine di una brillante carriera e la parziale rovina di un’esistenza. Perché Macellari, che fino a 26 anni non aveva nemmeno mai fumato una sigaretta, finisce nel giro della cocaina. “La prima volta, a casa mia a Bologna. Dai, proviamo questa cosa. Tanto, mi sono detto, sono talmente forte che io posso farlo e domani smettere. Questo è l’errore che fanno tutti quanti”. Sì, perché da quel tunnel l’ex terzino dell’Inter è uscito solo anni dopo e con grande fatica. Dopo avere sprecato la sua opportunità per diventare un grande calciatore. Prima per il cambio di allenatore a Milano, dove con Tardelli al posto di Lippi venne relegato in panchina. E poi, una volta ceduto al Bologna, a causa di un infortunio che lo “consegnò” all’uso di droga.

Sparito dai radar del calcio che conta, Macellari ha giocato a livello dilettantistico fino al 2006. Ma aveva già iniziato a fare altri lavori per campare. Anche se le spalle erano ben coperte. “Prima di entrare nel giro della cocaina avevo già dieci appartamenti. E quello che è rimasto è intestato a mio padre e a mia madre, ed è meglio così perché io ho le mani bucate. Non per la cocaina, è il mio rapporto con i soldi che è così. E in quel mondo trovavi gente che ti stava intorno per sfruttarti e basta”. Insomma, qualcosa Macellari lo ha imparato. Ora ha un impiego presso un’impresa edile e vive in provincia di Rieti insieme al figlio Matteo, avuto insieme alla ex moglie Claudia dalla quale si è separato nel 2006. Una vita tranquilla, di un quasi cinquantenne che ha finalmente messo la testa a posto. Ma che ogni tanto ama raccontare la sua (bizzarra) storia. Che magari eviterà a qualche giovane promessa di cadere negli stessi errori.

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