Caso Pifferi, perquisite le psicologhe del carcere e indagata l’avvocata: sono accusate di aver falsificato il diario clinico della donna che lasciò morire di stenti la figlia Diana
Il pm: con i ripetuti colloqui in prigione non è stato fatto un percorso di assistenza
di Andrea Siravo per La Stampa
Sono accusate di aver falsificato il diario clinico di Alessia Pifferi, la trentasettenne accusata di aver lasciato morire di stenti la figlia Diana, di 18 mesi, nella culletta in casa, da sola, per sei lunghi giorni.
Blitz della procura negli studi delle due psicologhe in servizio al carcere San Vittore di Milano, indagate e perquisite per falso in atto pubblico e favoreggiamento. Un colpo di scena nel processo Pifferi, in corso davanti alla Corte d’Assise di Milano, anche se già in aula il pm Francesco De Tommasi aveva ventilato i sospetti sulle due professioniste. «Hanno aiutato e imbeccato» Alessia Pifferi a «fornire una versione differente a quella cristallina fornita fin dall’inizio», aveva dichiarato infatti il pm davanti ai giudici, chiedendo loro di escludere la relazione ora finita sotto accusa. Cioè quella con cui le due psicologhe, che oggi hanno ricevuto l’avviso di garanzia, avrebbe accertato, tra l’altro, un deficit cognitivo di Alessia Pifferi, utile a permettere alla difesa di chiedere di sottoporre l’imputata a una perizia psichiatrica per giocarsi a processo la carta della non imputabilità.
Con i ripetuti colloqui in carcere, «non è stato fatto un percorso di assistenza, ma uno di rivisitazione in un’ottica difensiva quasi si trovasse davanti a consulenti privati», ha sostenuto in aula il pm. Che per questo, ora, ha ordinato alla polizia penitenziaria di perquisire le professioniste e sequestrare i loro cellulari e dispositivi elettronici.
Sono accusate di aver «attestato falsamente» che Pifferi avesse «un quoziente intellettivo pari a 40 e quindi un deficit grave, al limite inferiore di questo livello (pertanto tra grave e gravissimo), con scarsa comprensione delle relazioni di causa ed effetto e delle conseguenze delle proprie azioni». Una valutazione – secondo il pm – compatibile con «attività di consulenza difensiva, non rientrante nelle loro competenze» e indirizzata «esclusivamente a creare, mediante false attestazioni circa lo stato mentale della detenuta e l’andamento e i contenuti dei colloqui, le condizioni per tentare di giustificare la somministrazione del test psicodiagnostico e fornire così alla Pifferi, falsificando l’anzidetta diagnosi, una base documentale che le permettesse di richiedere e ottenere in giudizio, eventualmente con il filtro di un’ulteriore consulenza di parte, la tanto agognata perizia psichiatrica».
In concorso con le professioniste, risulta indagata solo per falso anche l’avvocata Alessia Pontenani, legale di Pifferi, che non è stata destinataria del decreto di perquisizione. Tra i sospetti degli inquirenti anche che le due psicologhe abbiano gestito in modo non consono i colloqui con altre quattro detenute, tra cui Patrizia Coluzzi, recente condannata a 12 anni dalla Corte di Assise di Pavia per aver soffocato la piccola figlia Edith nel marzo del 2021.
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