Autopsia di Giulia, ci prendono in giro? Dicono sia morta dissanguata, ma nell’auto del bimbominkia non c’erano tracce di sangue. Troppe cose continuano a non quadrare

di Cesare Sacchetti per La cruna dell’ago

A leggere le considerazioni trapelate dai media sul referto autoptico di Giulia Cecchettin la sensazione è quella di trovarsi dentro una sorta di gioco dell’oca.

In questo caso, qualunque direzione si vada si torna sempre al punto di partenza.

Tutte le domande che sono state poste in precedenza restano senza una risposta logica e definitiva che spieghi le numerose e grossolane incongruenze della versione che ci è stata proposta.

Il medico legale che ha eseguito l’autopsia è il dottor Guido Viel, lo stesso che ha eseguito la prima autopsia di Alberto Rizzotto, l’autista del bus di Mestre morto ancora in circostanze non chiarite.

Non chiarite perché aleggia una sorta di mistero attorno agli ultimi attimi di vita di Rizzotto. Sono state eseguite due autopsie, fatto alquanto irrituale, a distanza di nemmeno due mesi e, ad oggi, ancora non abbiamo capito se Rizzotto sia morto per un malore improvviso alla guida e se la causa di tale malore è da attribuirsi al siero.

Rizzotto era vaccinato e si lamentava pubblicamente dei danni che le dosi ricevute gli avevano provocato.

Le nebbie che vediamo intorno al caso del bus di Mestre sono fitte quanto quelle che vediamo intorno al caso dell’omicidio di Giulia Cecchettin.

Ci viene detto, secondo quanto riferito dai media, che la causa della morte di Giulia Cecchettin sarebbe stata un dissanguamento dovuto alle coltellate inferte da Filippo Turetta.

Sarebbero ben più di 20 le ferite da coltello che Giulia avrebbe sul suo corpo e tali fendenti sarebbero stati inflitti da Turetta in due distinti momenti.

Siamo ancora al condizionale perché se leggiamo i resoconti che ci sono stati proposti non c’è alcuna chiarezza riguardo la dinamica dell’aggressione.

Siamo ancora fermi all’aggressione iniziata nel parcheggio di Vigonovo, a circa 150 m di distanza dall’abitazione di Giulia, e dove è stato ritrovato un coltello senza manico che non pare essere l’arma del delitto.

In quei momenti, un vicino di casa, tale Marco Musumeci, avrebbe chiamato il 112 per avvertire di ciò che stava accadendo ma quando è stata raggiunto dalle telecamere di “Chi l’ha visto”, Musumeci è sembrato essere alquanto incerto riguardo alla dinamica dei fatti e avrebbe parlato di “sagome” distanti almeno 300 metri.

Il “supertestimone” avrebbe poi detto che avrebbe avuto paura e non si comprende bene di cosa avrebbe dovuto avere paura, dato che da quella distanza non sembra facile capire cosa stesse accadendo.

L’uomo avrebbe sentito le grida “aiuto, mi fai male” pronunciate dalla Cecchettin quando è stata aggredita e già in quei momenti, Turetta pare aver iniziato a sferrare fendenti contro la povera ragazza.

Qui si presenta un problema di logica, perché se le cose sono andate così non comprendiamo perché la ragazza non abbia gridato “aiuto, mi ammazza” o qualcosa del genere piuttosto che “aiuto, mi fai male”.

E non sappiamo nemmeno con quale coltello Turetta avrebbe presumibilmente dato queste coltellate perché non pare essere quello ritrovato nel parcheggio, e allora ci chiediamo come sia finito lì quel coltello e chi ce l’abbia eventualmente messo.

Turetta si è liberato del corpo di Giulia ma non della presunta arma del delitto?

Quando è stato fermato Turetta aveva con sé un coltellino di 12 centimetri e non è stato detto nemmeno con certezza se è questa l’arma del delitto ma se lo fosse allora dovremmo pensare che il giovane studente universitario oltre ad andarsene in giro con un corpo nel bagagliaio per 139 km, si sia portato con sé l’arma del delitto senza disfarsene.

Si libera del corpo ma non dell’arma con il quale avrebbe massacrato la ragazza? Crediamo che sia difficile trovare una tale assurdità di azioni in un delitto, almeno nella letteratura che abbiamo a disposizione, e soprattutto se ancora qualcuno sostiene la pista della premeditazione.

Torniamo però agli attimi in cui Filippo riesce a caricare con la forza in macchina Giulia, altro passaggio che non appare molto logico, e la porta a Fossò, dove l’avrebbe finita con una coltellata al collo e altri fendenti.

Qui ci è stato detto che ci sarebbe un video di sorveglianza che avrebbe ripreso l’intera scena ma il video ad oggi non viene fuori e in esso pare che si vedano solo delle sagome, e non distintamente i volti delle persone.

A quel punto, Turetta, presumibilmente intriso di sangue per le 20 e oltre coltellate date a Giulia avrebbe messo il corpo nel bagagliaio e avrebbe iniziato la sua folle fuga.

Giulia morta dissanguata ma niente sangue nell’auto di Filippo

Fermiamoci qui a questo istante e proviamo ad immaginare nella nostra testa la scena. Se Turetta ha dato 20 e più coltellate tra Vigonovo e Fossò a Giulia o se lo ha fatto solo a Fossò, passaggio non ancora chiaro nelle versioni che ci sono state proposte, è impossibile che sui suoi vestiti e nella sua vettura non ci siano visibili tracce di sangue.

Eppure questa è la versione che le autorità tedesche hanno consegnato ai colleghi italiani nel loro rapporto quando si sono soffermati ad analizzare la Grande Punto di Filippo.

Nessuna traccia di sangue apparente sulla vettura e la cosa appare impossibile se si prende in considerazione questa versione e la si confronta con quella dell’autopsia.

Un delitto del genere deve lasciare delle macchie di sangue visibili sull’auto della persona che lo ha eseguito ma eppure quel sangue non pare esserci.

Non c’è sangue nella vettura però ci sarebbe, pare, sulle scarpe di Filippo e su una banconota da 20 euro utilizzata per fare benzina più avanti.

Se ci sono delle macchie di sangue sulla banconota, com’è possibile che tali macchie non ci siano anche sulla macchina di Filippo?

Ci troviamo di fronte sempre lo stesso insormontabile ostacolo dal punto di vista logico che può essere risolto soltanto, a nostro avviso, dichiarando una delle due versioni presentate come falsa.

Quando poi Filippo si mette in auto, agisce come una persona che sembra avere tutt’altro che premeditato il delitto.

L’altro ieri ci sarebbe stato un interrogatorio fiume da parte del PM di Venezia, Bruno Cherchi, a Filippo e non si è capito se lo studente di ingegneria ha spiegato perché mai dopo il delitto se n’è andato in giro per 139 km con un corpo nel bagagliaio tra Veneto e Friuli e perché avrebbe scelto proprio Barcis per liberarsi del cadavere?

Così come non si è capito se Filippo è stato fermato con l’arma del delitto e se ha spiegato quale arma da taglio avrebbe usato per uccidere la sua ex fidanzata.

C’è il mistero più assoluto su come sono andate realmente le cose e non ci pare di ricordare in un delitto, presumibilmente passionale, tutti questi punti oscuri.

In questo caso, ci sono delle ombre che si allungano su ogni punto della versione e non viene gettata luce su di esse.

Quando Filippo poi dopo aver scaricato il corpo a Barcis si rimette alla guida e si dirige a Cortina dove avrebbe fatto benzina in un distributore automatico con la banconota sporca di sangue.

Ora ciò che ci appare surreale è il fatto intanto di utilizzare una banconota del genere rischiando di attirare enormemente le attenzioni su di sé dopo aver già girato per così tanto con un corpo in auto, e soprattutto ci chiediamo come mai questo distributore automatico di benzina non abbia rifiutato una banconota sporca, vista la nota sensibilità di tali macchinari.

Anche sorvolando su questo punto, resta da capire perché mai non venga mostrato il video di sorveglianza di Filippo che fa benzina in modo da chiarire finalmente un po’ la dinamica di questa vicenda così come non si comprende come mai non venga mostrato l’altro video, quello di Fossò.

Dopo che Turetta avrebbe messo quei 20 euro di benzina, si rimette in viaggio nei suoi folli spostamenti e arriva al confine austriaco e qui si presenta un altro problema logico.

Chi conosce le zone tra il confine italiano e austriaco sa che non è così semplice passare dall’altra parte, lato austriaco, senza essere sottoposti a controlli.

Quando Filippo arriva in Austria, apparentemente le autorità austriache non lo fermano e non segnalano nulla di sospetto a quelle italiane.

La fuga di Filippo prosegue per almeno 3 giorni, dalla domenica del 17 novembre a martedì 19 dello stesso mese.

Turetta riesce persino a passare dal confine austriaco a quello tedesco senza difficoltà e raggiunge Lipsia.

Fermiamoci a guardare la distanza percorsa da Cortina, punto nel quale il giovane avrebbe fatto benzina, a Lipsia.

La distanza necessaria per arrivare da Cortina a Lispia: 755 km circa

Sono almeno 755 km ed è impossibile pensare che Filippo abbia percorso tale distanza con soli 20 euro di benzina nel serbatoio. Deve essersi fermato almeno in un altro paio di occasioni e qui ci chiediamo come mai le autorità tedesche e austriache non mettano a disposizione i filmati delle stazioni di servizio locali dove lo studente si sarebbe dovuto fermare per fare rifornimento.

Non vediamo semplicemente il volto del giovane sospettato in questa storia e fatichiamo a comprenderne il motivo.

Anche quando Turetta è sbarcato in Italia, scortato come se fosse un terrorista internazionale, non si è riusciti a vedere nemmeno per un istante lo studente veneto.

Nulla. Siamo dunque fermi al punto di partenza esattamente come dicevamo all’inizio di questa analisi.

Nessun punto controverso e oscuro della storia è stato chiarito.

Non è stato chiarito definitivamente quale sia l’arma del delitto e non è stato chiarito come sia possibile che nell’auto di Turetta non ci sia sangue considerata l’efferatezza di questo omicidio.

Così come non si comprende perché mai non si mostri il volto di Filippo mentre è intento a scappare e si ferma a fare rifornimento alle varie stazioni di rifornimento di benzina.

La nonna di Giulia suscista calpore nei social

Intanto a vedersi è il volto di un’altra persona, la nonna di Giulia Cecchettin, tale Carla Gatto, pittrice e scrittrice.

Negli ultimi giorni la sua intervista ad un canale veneto locale ha suscitato non poco scalpore perché la signora ha mostrato una apparenta assoluta freddezza mentre si soffermava a commentare la morte della nipote.

Noi, in un nostro tweet, abbiamo fatto notare una frase pronunciata dalla signora che ci ha lasciati basiti quale “avrei preferito che le cose fossero andate come deciso” relativamente alla scomparsa di Giulia.

Non capiamo. Deciso da chi e soprattutto deciso cosa? Sembrava quasi che la signora volesse dire che avrebbe dovuto esserci un altro epilogo prestabilito per la sorte di sua nipote ma resta da capire chi lo aveva stabilito e soprattutto quale fosse questo scenario non menzionato di cui parla la signora Gatto.

Una volta poi pronunciata questa frase, la signora si è messa a parlare con sconcertante nonchalance del suo libro che, guardacaso, tratta poi del patriarcato e racconta di una ragazza scappata di casa per sfuggire alle oppressioni del padre.

Lasciamo giudicare ai lettori l’incredibile “coincidenza” e l’incredibile tempistica che ha portato questo libro ad uscire a pochissime settimane di distanza dall’esplosione del caso Cecchettin.

A noi non resta che fare la stessa considerazione che abbiamo fatto nel tweet in questione.

Questa storia presenta davvero molte opacità e abbiamo dei seri dubbi che la magistratura così com’è organizzata e governata possa fare luce al riguardo.

Auspichiamo quanto prima che prossimamente venga condotta una seria inchiesta su questo caso.

L’Italia ha bisogno di verità su questa storia e su tutto quanto accaduto durante la farsa pandemica.

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