“Quella traccia di sangue sull’auto di Olindo” Strage di Erba, sono ben tre le istanze presentate per rivedere la sentenza giudicata da molti troppo sospetta

Una traccia di sangue sull’auto di Olindo mal repertata, dichiarazioni e intercettazioni contrastanti. E ancora, nuove testimonianze da parte di un uomo che la sera della strage di Erba vide due stranieri uscire dalla casa dell’orrore, impronte di scarpe lasciate sul pavimento rimaste fino ad oggi “di nessuno”. Sono alcune delle nuove prove racchiuse nei 130 allegati dell’istanza di revisione di condanna depositata alla Corte d’Assise di Brescia. Migliaia di pagine redatte da una ventina di consulenti, chiamati a relazionare e periziare sull’orribile massacro avvenuto 17 anni fa nella cittadina lombarda e per il quale sono stati condannati all’ergastolo i coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi. Nonostante la pronuncia definitiva della Cassazione, gli avvocati Fabio Schembri Luisa Bordeaux, Nico D’Ascola e Patrizia Morelli, ritengono di aver nuovi elementi tali da portare a un proscioglimento della coppia, in carcere dal 2007. Secondo la sentenza, l’11 dicembre 2006 i due hanno ucciso Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk di soli due anni, la madre e nonna del bimbo, Paola Galli, e la vicina di casa Valeria Cherubini. Rimase ferito il marito di quest’ultima Mario Frigerio, divenuto il supertestimone.

TRE ISTANZE
In realtà, le istanze sulle quali si dovrà pronunciare la Corte di Brescia sono tre. Quella della difesa segue a distanza di qualche mese quella presentata del sostituto Pg di Milano Cuno Tarfusser, e prima ancora quella del tutore dei coniugi. A quella del Pg Tarfusser, il procuratore di Como Massimo Astori aveva risposto che la condanna di Olindo e Rosa «non lascia perplessità». Contro i due coniugi, aveva scritto in una nota con la quale rispondeva alla richiesta di revisione del processo, sono state raccolte «prove incontestabili», per poi spedire comunque tutto il fascicolo alla Corte di Brescia, che ora dovrà probabilmente riunire i fascicoli e decidere su una delle stragi più eclatanti della storia della cronaca italiana. La prova più importante su cui puntano i legali oggi per scagionare Rosa e Olindo è una traccia ematica mal repertata. «Quella rinvenuta nell’auto di Olindo – spiega il suo “storico” difensore, Fabio Schembri, – non è stata fotografata come si deve. Mi spiego: non vi sono numeri che indicano le tracce ematiche raccolte, come già all’epoca era doveroso fare. Quindi come è stato possibile attribuirla al mio assistito?».

Secondo le tante perizie depositate, poi, il contenuto di alcune dichiarazioni sarebbe incompatibile con la ricostruzione della strage fatta dagli stessi coniugi, e poi ritrattata, oltre che con quella emersa dalle indagini. In una si insiste sulla testimonianza di Mario Frigerio, unico sopravvissuto alla strage, morto negli anni successivi, e diventato principale testimone dell’accusa che riconobbe Olindo in aula. Una versione in dibattimento che, per i legali, contrasterebbe con quanto dichiarato da Frigerio nell’immediatezza, nel letto d’ospedale. «In realtà subito dopo i delitti lui ripetè più volte di non ricordare spiega il difensore, – ma alla fine, in una sorta di amnesia ben spiegata dai periti, Frigerio si è convinto di aver visto Olindo». L’uomo, lo ricordiamo, confermò in tribunale la sua versione dei fatti e identificò il suo aggressore: «… è lui, mi guardò con occhi da assassino che non potrò mai scordare». In questo senso, pare esistano intercettazioni ambientali in grado di mettere in discussione l’identificazione di Olindo da parte dello stesso Frigerio. Peraltro, anche la ricostruzione nelle sentenze della morte della moglie di Frigerio, Valeria Cherubini, secondo la tesi difensiva, contrasterebbero con quelle emerse dalle loro consulenze.

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