Il popolo europeo inizia a svegliarsi e la compagna Gabanelli, invece di esultare da buona asservita lancia l’allarme ‘populismo’

Francesco Battistini,Milena Gabanelli per il Corriere della Sera – Estratti

«Il popolo ha sempre ragione!».

È dalla grande crisi finanziaria del 2008 che uno spettro s’aggira per l’Europa: il populismo. In questo quindicennio ha attraversato almeno 31 Paesi europei e in una decina è arrivato a governare; e oggi il vento sta soffiando forte a destra. Ultimo caso la Slovacchia, dove il filorusso Robert Fico ha conquistato per la terza volta il potere.

Nell’area di destra, i partiti populisti, ei suoi figli naturali, i nazionalisti e sovranisti, sono più di una cinquantina: tutti contro la Ue, la Bce, il Fondo monetario, i migranti, gli accordi sul clima, l’aborto, la globalizzazione e la parità di genere. Poi ce ne sono una decisione di sinistra, o difficilmente etichettabili. Cos’è il populismo? Il dato comune è quello di contrapporre il popolo, per definizione virtuoso, alle élite sempre e comunque corrotte. Intercetta le paure, il malcontento e le frustrazioni di molte opinioni pubbliche. Pesca soprattutto fra i giovani in difficoltà socioeconomica e con livello d’istruzione medio-basso, perlopiù maschi.

Nel 1998 i populisti erano al governo di due soli Paesi , 20 anni dopo, governavano già undici Stati e 170 milioni di cittadini. Alle Europee 2024 molti di questi partiti saranno determinanti. Ma fino a che punto sono disposti a spingersi? E finora che cos’hanno fatto di tutto ciò che promettevano? Più a destra della destra Il 15 ottobre si vota per le politiche in Polonia e favorito è il partito Diritto e Giustizia (PiS), tornato al potere nel 2015 con Andrzej Duda. Ha il 35% dei voti e le sue principali battaglie sono contro l’aborto ei diritti Lgbt. La sua riforma per imbrigliare la magistratura è stata bocciata dalla Corte di giustizia europea.

La guerra di Putin ha costretto la Polonia ad accogliere i «fratelli» ucraini. Un’apertura che ha provocato le proteste degli agricoltori, danneggiati dall’invasione del grano ucraino venduto sottocosto. E l’ascesa fino al 9% di Konfederacja, un partito più a destra del PiS, spinge Duda ad accontentare i contestatori, dando meno armi a Kiev. In Olanda, dopo 13 anni di centrodestra, le elezioni politiche del 22 novembre muovono la via al negazionismo climatico e alla lotta all’immigrazione del Bbb, il Movimento Civico-Contadino: fondato quattro anni fa, ha già incassato il 10%. Al suo fianco c’è il populista Partito per la Libertà di Geert Wilders, amico di Salvini, oggi al 10,8%.

Nazionalisti e sovranisti In Francia, il Front National di Jean-Marie Le Pen nato negli anni ’70 ha cambiato nome. Nel 2018, la figlia Marine l’ha ribattezzato Rassemblement National. Ha mantenuto la linea xenofoba, ma per avere i voti moderati ha smesso di parlare di un’uscita dall’Ue e dall’euro. La svolta è servita: in pochi anni, Rn è passata dal 10,4 al 18,6%, con punte del 24. Determinanti per lei nella corsa all’Eliseo potrebbero essere i voti di Reconquête, il partito anti-immigrati che nel 2022 ha ottenuto il 7%. In Spagna è in ascesa il sovranismo neofranchista di Vox, nato nel 2013 e molto caro a Giorgia Meloni. Ma al voto di luglio, Vox non ha sfondato: molti gli rimproverano una politica troppo «di compromesso».

Gli xenofobi In Germania, l’AfD, antisemita e islamofobo, ha sfondato nel 2017 col 12,6%, diventando il terzo partito tedesco. Alle politiche del 2021 è scesa al 10%, ma rimane fortissimo nei Länder. Oggi sondaggi il danno al 21%. È il punto di riferimento di numerosi gruppuscoli come Pegida, organizzazione condannata per incendi alle moschee. Entrata al Bundestag, l’AfD ha sfumato qualche posizione: il principale candidato alle europee, Maximilian Krah, sostenitore dell’inutilità dell’Ue, ora riconosce che è necessario un coordinamento politico dell’Europa.

Tornati al potere sono scesi a compromessi con gli alleati liberali di Kok: adesso va bene restare nella Ue, l’austerità, e puro l’ingresso della Finlandia nella Nato, a cui fino all’anno scorso si erano opposti. Fratelli d’Italia, radici neofasciste, nazionalisti, euroscettici, anti immigrati. Una volta al governo si è ammorbidito e Giorgia Meloni, scrive l’agenzia Reuters, «nonostante la retorica spesso infuocata, preferisce la cautela allo scontro, promuovendo lo status quo». Soffre però la concorrenza a destra della Lega, suo alleato.

In Svezia, i Democratici Svedesi, partito nazionalpopulista difendono «l’uniformità etnica svedese», sono contrari all’emancipazione femminile, anti Ue e fortemente antimusulmani. L’anno scorso — anche grazie alla forte campagna negazionista sul Covid — sono diventato il secondo partito svedese ed entrati col 20,5% nel governo. Hanno però abbandonato l’idea d’un referendum per uscire dalla Ue. Infine l’Ungheria: il partito Fidesz, liberale negli anni ’80, ha virato a destra fino a diventare nazionalista e anti-Ue.

Dal 2018 il suo leader, Viktor Orbán, ha la maggioranza assoluta. Ha costruito il primo muro anti-immigrati d’Europa, ha ridotto le libertà di magistrati e cittadini, ha imbavagliato i media. Con la guerra, suo malgrado, ha accolto i profughi ucraini. Quando stava all’opposizione, si batteva per l’integrazione europea e accusava i socialisti al governo di fare affari con Putin e il suo gas. Oggi è lui, il miglior alleato di Putin in Europa.

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