Terremoto nel PD! In Liguria ben 30 tra dirigenti ed eletti lasciano la Schlein: vanno tutti tra le braccia di Calenda

Estratto dell’articolo di Lorenzo De Cicco per “la Repubblica”

La telefonata non era stata premonitrice. Elly Schlein l’altro ieri ha parlato per mezz’ora con Carlo Calenda. Temi: il salario minimo e la sanità, con una proposta di legge da presentare in tandem, Pd-Azione, allargando il fronte magari al M5S, per mettere 10 miliardi su liste d’attesa e personale degli ospedali. Chiacchierata cordiale, saluti, a presto.

Dunque tutto si aspettava, la leader del Pd, tranne quello che sarebbe avvenuto dopo meno di 24 ore: ieri mattina il capo di Azione ha annunciato, con una card social, come quelle che i club usano per i colpi di calciomercato, il trasloco dal Pd di due consiglieri locali della Liguria: uno regionale, Pippo Rossetti, coordinatore dell’area Guerini in zona, e una comunale di Genova, Cristina Lodi.

Più una trentina di dirigenti della stessa regione. «La scelta, legittima, del Pd di spostarsi su posizioni marcatamente massimaliste chiude la stagione della vocazione maggioritaria», gongola Calenda. Che poi aggiunge aRepubblica :«La prossima settimana ci saranno altri arrivi, ma non è una campagna acquisti, perché non ci sono elezioni in vista».

Il Pd avrebbe potuto derubricare la vicenda a bega locale, anche perché intanto a Genova litigano dentro Azione, dato che Matteo Richetti ha parlato di «opposizione» al sindaco Bucci, che invece il partito di Calenda sostiene. Ma il correntone dei riformisti dem ribolle.

[…]

Come antipasto, intanto, ieri è partita una batteria di dichiarazioni stampa, tutte grosso modo dello stesso tenore: Elly non scrolli le spalle, il problema degli addii è serio. Proprio mentre la segretaria pronosticava: «Torneremo al governo». A dare il la è stato Guerini: «Sono molto dispiaciuto – mette a verbale l’ex ministro – Rispetto la scelta di chi lascia il Pd, anche se non la condivido ». Poi la stoccata a Schlein, toni felpati e sostanza ruvida: «Forse è il caso di interrogarci tutti, a partire da chi ha le più alte responsabilità nel partito, di fronte a queste e altre uscite. Sbagliato ignorare questo disagio ». Fuori agenzia, Guerini aggiunge: «In un partito si discute, non si ubbidisce».

[…]

Naturalmente non è una fuoriuscita locale a dare fuoco alle polveri. Bisogna sommare il pregresso: altri addii, da Enrico Borghi ad Andrea Marcucci, ad Alessio D’Amato nel Lazio. E soprattutto i temi sul tavolo in questi mesi, che hanno acuito le fratture interne. L’aumento delle spese militari al 2% del Pil, che la segretaria osteggia e che Guerini difende, anche se ieri Schlein sottolineava che «sull’Ucraina ci sono divergenze forti con altre forze di opposizione», come il M5S, e che semmai «è un punto su cui c’è stata convergenza con quello che ha fatto il governo»; il Jobs act; da ultimo il dl Caivano, con la stretta sui minori che commettono reati, su cui un pezzo di partito vorrebbe dialogare col governo anziché alzare le barricate.

A questi temi, se ne sommano altri, più interni: nel vortice dei malumori, c’è chi è rimasto irritato perché la segretaria darebbe visibilità – sui social ufficiali, in Rai – soltanto a sé stessa e a pochi fedelissimi. E c’è perfino chi è rimasto contrariato per l’intervento che Marco Furfaro, deputato vicinissimo a Schlein, terrà domani alla festa dell’Unità, subito prim a della leader. Quasi un’investitura, che scatena gelosie e invidie.

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