di Enrico Paoli per Libero
La «caduta» del generale, Roberto Vannacci, e l’ascesa del Capo di Stato maggiore della Difesa, Giuseppe Cavo Dragone. Le sirene della politica per l’ufficiale finito nel vortice delle polemiche per il libro “Il mondo al contrario”, l’incarico al vertice della Nato per l’ammiraglio Dragone, in forte sintonia con la premier, Giorgia Meloni, e il ministro della Difesa, Guido Crosetto. A metterli in fila così potrebbero sembrare i destini opposti dei due militari. In realtà la caduta del primo sarebbe la diretta (e se non proprio la diretta, certamente ha contribuito ad accelerarla) conseguenza dell’ascesa dell’altro. Il caso Vannacci, con tutte le sue complicazioni politico-militari, avrebbe indotto sia la premier, Giorgia Meloni, sia il ministro della Difesa, Guido Crosetto, a rilanciare l’opzione Cavo Dragone al vertice dell’alleanza atlantica, in mondo da ottenere due risultati in un colpo solo.
Partendo dal fatto che l’attuale Capo di Stato maggiore, in perfetta sintonia con il titolare del dicastero, ha agito nei confronti del generale-scrittore in modo fermo e deciso, dimostrando di avere le idee chiare, il suo probabile approdo al comando generale della Nato, che arriva da lontano, ma era stato congelato al vertice di Vilnius del luglio scorso, servirà a rassicurare gli alleati sul granitico atlantismo del nostro Paese. Come raccontato dalla Stampa, gli uffici riservati del ministero starebbero valutando quanto sia vero, e se sì quanto pesi, il «seguito» del generale Vannacci all’interno delle nostre forze armate, in chiave putiniana. L’ufficiale, nel 2021, ha ricoperto l’incarico di addetto militare a Mosca, esattamente quando è iniziata l’aggressione russa all’Ucraina.
«POLITICA? DECIDO IO»
«Attenzione: quando si parla di politica estera, le cose da grottesche diventano serie. Dietro il generale una manina russa per dividere la destra», afferma Fabrizio Cicchitto, presidente di ReL Riformismo e Libertà e firma di Libero, «in Italia Putin e la sua ambasciata hanno due nemici: Giorgia Meloni e il ministro Crosetto». Ancor più netto il ragionamento fatto da Bruno Vespa sulle pagine del Quotidiano Nazionale: «Una nazione Nato esposta come la nostra in favore dell’Ucraina non può avere a un alto livello militare ambiguità di questo genere. Già prima dell’uscita del libro, Vannacci puntava a una candidatura alle elezioni europee». Sul punto il militare resta categorico: «Qualora dovessi scendere in politica o in qualsiasi altro ramo lo dirò io quando e come», afferma Vannacci. Che qualcosa si stia muovendo, però, c’è. Ieri, a Napoli, c’è stata una raccolta firme lanciata per esprimere solidarietà nei confronti del generale. «Un’iniziativa spontanea di un comitato periferico. Faremo una riunione di tutti i comitati la settimana prossima per decidere se estenderla a livello nazionale», spiega l’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, portavoce del Comitato “Fermare la guerra-Forum per Indipendenza Nazionale”, che aveva lanciato l’idea di candidare Vannacci. Il generale, per ora, frena tutti.
L’altro aspetto connesso alla nomina di Dragone al vertice della Nato riguarda l’assetto delle nostre forze armate. Nel caso in cui gli alleati europei diranno sì, l’appuntamento è fissato per la metà di settembre ma la riserva potrebbe essere sciolta prima, il governo dovrà nominare il nuovo Capo di Stato maggiore della Difesa e questo passaggio prevede la sintonia con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Dettaglio non secondario. La nomina di Dragone al vertice della Nato gode del «pieno appoggio» del Quirinale, e questo è un serio indizio su quali siano i rapporti del Colle con il dicastero guidato da Crosetto. Dunque dalla probabile nomina di Dragone, quale Comandante generale dell’alleanza atlantica (l’incarico rappresenta il secondo ruolo con maggior peso nella Nato) passano una serie di fili intrecciati, destinati a segnare la politica del governo in tema di militari. E non tanto sul piano operativo, quando sulla tenuta della linea di comando.
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