Vale la pena morire per provare a salvare il tuo cane? La vicenda delle due signore annegate in montagna apre il dibattito tra gli italiani

Estratto dell’articolo di Lucia Esposito per “Libero Quotidiano”

 Si può morire per un cane? Ora che i corpi di Rosa e Veronica sono stati ritrovati a poca distanza l’uno dall’altro, ora che la speranza ha lasciato spazio al dolore, resta questa domanda che riecheggia nella testa di quanti – tanti hanno la fortuna di dividere la propria vita con un cane. Che cosa avrei fatto io? La storia inizia a Lecco, in una caldissima mattina di mezza estate. […]

[…] Rosa Corallo e Veronica Malini arrivano fin su a 2500 metri, in alta Val Manenco. Con loro, come sempre, la cagnolina nera e bianca di Veronica, la loro ombra scodinzolante. […] A un tratto Brunilde si avvicina al torrente per bere, ma non riesce più a recuperare la riva. L’acqua impetuosa la travolge.

Veronica non ci pensa, non fa calcoli, non ha il tempo di pesare i costi e i benefici: vede la sua cucciola portata via dalla corrente e si tuffa, spinta da quella forza misteriosa, istintiva, viscerale e imprevedibile che chiamiamo amore che ha il pregio e il difetto di far superare le paure e annullare tutti i ragionamenti. Rosa è lì sulla riva, a un passo da lei. Vede la sua migliore amica in difficoltà e si lancia.

[…]  La vita di queste due amiche coraggiose è finita così. A pochi metri l’una dall’altra. E torniamo alla domanda: si può morire per un cane? La risposta è scontata per chi non ha mai ceduto al richiamo di Fido, per chi non ha condiviso un solo giorno con un quadrupede che dà tutto senza chiedere nulla.

[…] Basta leggere sui social i commenti di quelli che deridono Rosa e Veronica perché hanno sacrificato la loro vita per Brunilde. Quelli che non hanno pietà umana e pensano che Veronica e Rosa la morte se la sono cercata perché era evidente che tuffandosi in quel torrente sarebbe finita così. Certo, per loro non si può morire per un cane. È perfino stupido. Ci sono tanti cani che aspettano un padrone. Morto uno, se ne prende un altro. Come quando si rompe un vaso e si rimpiazza con uno nuovo anche più bello. E poco importa che Brunilde per Veronica non fosse un cane come gli altri, che poi è la storia della rosa de Il piccolo principe che esce dalle pagine e diventa realtà…

La mia risposta, invece, è sì. Si può morire per un cane. Lo avrei fatto? Razionalmente – mentre sono seduta alla mia tastiera e so che Bruno se ne sta al sicuro nella sua cuccia e quando tornerò a casa lo vedrò corrermi incontro saltellando con gli occhi verdi che elemosinano carezze – dico che mai mi sarei lanciata in quel torrente. Che avrei aspettato l’arrivo dei soccorsi, che avrei pensato ai miei figli e tutte le cose buone e giuste, eccetera eccetera. Ma che cosa avrei fatto se fossi stata lì, su quella riva? La risposta più onesta è che non lo so. L’amore non si controlla. Spesso, dico che il mio cane è il figlio che non parla, l’unico che non rompe, che rispetta le regole e che senza di lui la casa è vuota.

Chiunque, davanti a un figlio in pericolo, si lancerebbe nell’acqua e pure nel fuoco. È esagerato farlo per un cane? Forse, ma allora non dovremmo dire che li amiamo come figli… Capisco profondamente Veronica e difendo il suo gesto che per alcuni è scriteriato, sproporzionato, folle e che invece è potentemente eroico. E poi c’è Rosa. Brunilde non era il suo cane. Forse- giustamente- non si sarebbe immolata per l’animale. Lei ha dato la vita per la sua migliore amica. E questo le rende doppiamente onore. Non so quanti morirebbero per un cane. So per certo che ogni cane morirebbe per il suo padrone.

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