“L’auto elettrica è una rivoluzione per ricchi” Luca De Meo, numero uno di Renault lo dice chiaro e spara a zero contro l’obiettivo finale della feccia di Davos

“L’automobile elettrica? Rivoluzione per ricchi”. I costruttori contro l’Ue
Il Ceo di Renault e presidente Acea De Meo: “Stop ai motori termici da rinviare al 2040”

di Pierluigi Bonora per Il Giornale
L’aria di casa ha fatto bene a Luca De Meo, numero uno di Renault e da inizio anno presidente dell’Associazione dei costruttori europei di auto (Acea). Il top manager, per anni «pupillo» in Fiat dello scomparso Sergio Marchionne, ha infatti colto l’occasione per togliersi qualche macigno dalle scarpe. Frasi pesanti, le sue, a proposito del modo con cui a Bruxelles viene gestito il futuro del settore: l’imposizione, senza se e senza ma, del «tutto elettrico» dal 2035. Da De Meo, dunque, accuse precise all’indirizzo della Commissione Ue («A Bruxelles c’è un gruppo di estremisti dell’elettrico che non si rende conto – o non vuole farlo – di quanto il futuro sia complesso»), ma anche un’ammissione di colpa sull’operato proprio di Acea («ha mancato di coraggio nel comunicare le alternative all’elettrico e nello spiegare come gli e-fuels, ad esempio, potrebbero da subito essere disponibili»). Insomma, affermazioni che, ancora una volta, fanno capire come chi lo ha preceduto al vertice di Acea non abbia avuto la forza, la volontà o il coraggio di prendere una posizione decisa nei confronti dell’iter ideologico avviato da quel Frans Timmmermans, vicepresidente della Commissione Ue con delega al clima, che di recente ha comunicato di candidarsi a premier in Olanda con tanti saluti a tutti. Un’uscita di scena che, fiutata l’aria, sa tanto di mossa alla Ponzio Pilato. A tagliare la testa al toro, ci ha pensato Carlos Tavares, memore della sua esperienza al vertice di Acea nel 2018, che ha portato fuori Stellantis dall’associazione: «Se l’Ue non ascolta, Acea non ci serve». Meglio far da sé, dunque. Da qui la nascita di «Freedom of Mobility Forum».

E qui entra in scena ancora un carichissimo De Meo, il quale sottolinea come i decisori europei «non devono limitarsi alla foto del futuro, ma guardare il video: solo così si capisce il percorso che le nuove tecnologie dovranno compiere nei prossimi anni». Tutte affermazioni che sui social hanno aperto un acceso dibattito. Ecco, per esempio, la reazione di Andrea Taschini, manager automotive: «È un passo importante la presa d’atto pubblica di De Meo. Evidenzia, infatti, il grande pericolo che il comparto automotive del nostro Continente sta correndo con l’imposizione dell’auto elettrica. L’establishment industriale ha per troppo tempo e inspiegabilmente taciuto di fronte a evidenti e insormontabili difficoltà nel competere con la Cina».

Già, la Cina, il cui attacco all’Europa è in pieno corso. E anche sul Dragone non è mancata la sottolineatura del presidente di Acea: «Pechino fa la parte del leone sul mercato mondiale delle auto elettriche perché terre rare, cobalto e altri elementi necessari per la costruzione delle batterie sono nelle sue mani», nota indirizzata sempre all’Ue che solo ora sembrerebbe accorgersi dello stato dell’arte. E ancora: «Anche i costi di produzione dell’energia sono diversi perché in Europa gli standard devono essere ecocompatibili, mentre in Cina si utilizza ancora il carbone, non ci sono limiti di inquinamento e il costo del lavoro è inferiore». Risultato? Almeno da noi, «l’auto elettrica è una rivoluzione per i ricchi».

Ecco allora De Meo orientarsi sullo spostamento dal 2035 al 2040 dell’addio ai motori termici: «Questo – puntualizza – consentirebbe di far crescere ancora il mercato dell’elettrico. E se poi ci sarà un riconoscimento della neutralità tecnologica, ancora meglio». I costruttori, in questi ultimi anni e con atteggiamento passivo, hanno riversato miliardi su miliardi nell’elettrico. La politica, intanto, grazie anche al pressing italiano, ha ottenuto l’ok di «CO2 neutral» anche per i bio-fuels. Nel 2024 ci sarà il rinnovo dell’Europarlamento e i giochi potrebbero riaprirsi. Vero, come precisa De Meo, che «la strada elettrica ormai è segnata». Ma un «piano B allargato», vista la situazione di incertezza, sarebbe consigliabile averlo. Del resto, è sempre il mercato, nelle sue diversità, ad avere l’ultima parola.

articolo di Gianluca Pellegrini per Quattroruote

“L’auto elettrica è una rivoluzione per i ricchi: la mobilità privata per come l’abbiamo conosciuta non esisterà più”: lo ha detto Luca de Meo, ceo del gruppo Renault, in un incontro con la stampa a Locorotondo, in Puglia, a margine del Viva Festival, kermesse di musica elettronica di cui la Renault è main sponsor. Nell’occasione, il numero uno della Casa francese ha affrontato vari temi, dalla Formula Uno alla competizione industriale con i cinesi, passando per l’ACEA e gli e-fuel. Di seguito alcune delle sue dichiarazioni più importanti.

Sulla mobilità. “Costruire un’elettrica costa più di un’auto tradizionale per gl’investimenti, la tecnologia a bordo e i componenti. Questa è, come ho sempre detto, la rivoluzione dei ricchi. Va accettata l’idea che la mobilità privata per come l’abbiamo conosciuta non esisterà più. Il mercato europeo da 17 milioni di pezzi l’anno ce lo dobbiamo dimenticare. I ricchi si compreranno l’elettrico e tutti gli altri si terranno le macchine usate fino a quando la politica glielo permetterà”.

Sul 2040. “Quando ho dato l’intervista a Repubblica, una decina di giorni fa, mi sono stupito. Nel titolo c’era scritto che io voglio spostare il phase out dal 2035 al 2040. In realtà ho detto una cosa leggermente diversa. Ovvero, che noi a suo tempo avevamo subito avvisato la Commissione Ambiente che per il 2035 era letteralmente impossibile avere una domanda sostenuta e naturale per le elettriche; e che sarebbe stato meglio spostare tutto al 2040. Non ci hanno ascoltato, e infatti ora per sostenere la transizione bisogna puntare sugl’incentivi oppure su iniziative su cui ho dei dubbi, come il leasing sociale proposto dal governo francese. Comunque, il nostro ruolo è di seguire le indicazioni del policy maker: vorrà dire che ci daremo da fare per essere pronti per il 2035”.

Sui media. “Oggi è evidente come stia prendendo piede un atteggiamento critico nei confronti della transizione. Ma io mi ricordo benissimo come tre-quattro anni fa le principali testate, guidate in questo dalla grande finanza, erano schierate nel definire l’elettrico l’unica carta sul tavolo. Fondamentali per una corretta informazione sono le testate specializzate, che hanno il compito di guidare il consumatore andando in profondità: altro che gli influencer. C’è bisogno di fonti credibili, che spieghino limiti e vantaggi dell’elettrico. Sono assolutamente convinto che già ora le Bev, in molti casi, siano assolutamente superiori a un paragonabile modello termico, per efficienza e prestazioni. I costi di gestione sono un terzo rispetto alle Ice”.

Sull’Acea. “Non bisogna limitarsi alla foto di quanto verrà. Va guardato il video attuale puntando sulla neutralità tecnologica. Non si ha avuto il coraggio nel comunicare bene le alternative all’elettrico e nello spiegare come i carburanti di origine sintetica, ad esempio, potrebbero essere da subito un’alternativa valida per ridurre l’impatto ambientale del circolante. Relegarli come sta facendo Bruxelles al trasporto aereo ne impedisce l’utilizzo su ampia scala.

Sui cinesi. “Il governo di Pechino sta spingendo a suon di miliardi di investimenti la competitività delle sue aziende automotive e noi per ora non ci stiamo difendendo. Anzi, tocca ricordare che quando noi abbiamo voluto andare lì abbiamo dovuto accettare le loro regole. La verità è che stiamo giocando una partita falsata: è come una partita 11 contro 15. Noi europei strapaghiamo l’energia elettrica mentre loro vi accedono a costi ridicoli producendola con fonti fossili, oltre ad avere il vantaggio competitivo del costo del lavoro ridicolo rispetto al nostro. Detto questo, vedo che tutti ci hanno già dato per sconfitti. Ricordo agli scettici che in passato, in Europa, sono già arrivati gli americani, poi i giapponesi e anche i coreani: non mi sembra che i produttori locali siano scomparsi, anzi. Anche in Renault abbiamo avuto dei problemi, certo, però è altrettanto vero che siamo qui da 125 anni. Anche questa volta andremo a combattere sul mercato. E comunque l’automotive è un business evolutivo: se perderemo trazione in Europa, vorrà dire che le nostre macchine andremo a venderle altrove”.

Sulla catena del valore dell’elettrico. “Ora l’Europa si sta attrezzando per affrancarsi dalla dipendenza dall’economia cinese. Va bene. Ma dobbiamo accettare l’idea che oggi di questa catena del valore noi controlliamo, a dir tanto, il 2-3%. Nel 2035, forse, arriveremo se va bene al 5%”.

Sulla Formula Uno. Infine, durante l’incontro si è parlato a lungo anche di motorsport, e in particolare dell’impegno dell’Alpine in F.1. Risale a pochi giorni fa il cambio al vertice che ha visto Philippe Krief, ex Ferrari, prendere il posto di Laurent Rossi alla guida del brand sportivo. E proprio a Maranello sembra guardare de Meo, con l’intenzione di accendere l’entusiasmo intorno a questo marchio e alla sua scuderia: “Il gruppo Renault è in F1 da oltre 40 anni – ha spiegato il ceo – ma in Francia questo sport non appassiona. E il motivo è che i francesi non hanno un simbolo da tifare, come lo è Ferrari in Italia. Il nostro obiettivo con Alpine è legare i colori alla passione, un po’ come quando riproponemmo la Fiat 500 (de Meo ne seguì il lancio direttamente con Marchionne, ndr): fu un gancio per legare le persone alla propria storia. Perché le persone vanno coinvolte”.

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