Bergoglio torna in Vaticano e monta la polemica contro la fronda dei cardinali: stanno scaldando i motori per eleggere il suo successore

Sono ancora vivo nonostante alcuni mi volessero morto, c’era già chi stava preparando il Conclave». Con queste parole Papa Francesco rese noto, durante il viaggio in Slovacchia nel settembre del 2021, che era venuto a conoscenza delle manovre sotterranee di alcuni cardinali in occasione del suo ricovero al Gemelli, avvenuto poco più di due mesi prima, durante il quale dovette sottoporsi ad un intervento chirurgico per l’asportazione di parte del colon. La storia si ripete, con le voci che si susseguono da mercoledì scorso, quando Francesco è stato ricoverato nuovamente nel nosocomio “dei papi” a seguito di un’insufficienza respiratoria (ma c’è chi dice anche scompenso cardiaco) che ha fatto temere il peggio e che poi, dopo attenta diagnosi, è risultata essere un’infezione polmonare. Sta di fatto che il Papa sarà dimesso oggi e che, nonostante l’età – 86 anni sembra si stia riprendendo.

Eppure, inutile nasconderlo, i preparativi per un prossimo Conclave non si sono mai interrotti da quel luglio 2021, ma anzi si sono via via intensificati, specie dopo la morte di Benedetto XVI. Se da un lato c’è chi strumentalizza la salute di Bergoglio – infragilita negli ultimi anni – considerandolo ormai agli sgoccioli, dall’altro c’è chi usa lo stessa motivazione per cercare di convincere l’opinione pubblica della necessità che lui si faccia da parte, replicando il gesto compiuto da Ratzinger nel 2013. Questa seconda categoria però rimarrà forse delusa dalla realtà dei fatti: è opinione diffusa non solo tra gli addetti ai lavori, ma anche tra le alte sfere della gerarchia vaticana, che Francesco non abbia nessuna intenzione di rinunciare. Nondimeno, del futuro Conclave si parla ampiamente tra i porporati e le due fazioni del Sacro Collegio, quella conservatrice e quella progressista, sono da tempo alla ricerca sia dei potenziali candidati che della strategia da attuare una volta che la porta della Cappella Sistina si sarà chiusa alle loro spalle.

Vediamo, quindi, allo stato attuale chi potrebbero essere i candidati delle due correnti ma anche chi potrebbe risultare vincente a fronte di un compromesso. Un cardinale di primissimo piano tra coloro che Francesco ha allontanato dalla curia ci confida che «sicuramente non sarà contemplato un altro gesuita». Questo sembrerebbe far crollare le quotazioni di un super progressista come il lussemburghese Jean-Claude Hollerich, fino a qualche settimana fa presidente della commissione delle conferenze episcopali dell’Ue e fiero oppositore di tutte le politiche anti-migratorie delle destre europee. Ma la nostra fonte ci dice anche che «non rivedremo un sudamericano sul Soglio di Pietro per un bel pezzo», il che escluderebbe, stavolta sul fronte conservatore, il messicano José Robles Ortega, creato cardinale da Benedetto XVI nel 2007 ed oggi 74enne, un’età perfetta per il papato.

Sul fronte bergogliano i due cavalli di razza cari al pontefice argentino (a cui egli stesso pronostica da tempo il pontificato) sono Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente Cei, e il prefetto del Dicastero per l’Evangelizzazione, il filippino Luis Antonio Tagle. Su entrambi grava però il fattore anagrafico: Zuppi ha 67 anni, Tagle 65 e la simpatica battuta che disse un cardinale nel 1958, «se eleggessimo lui non avremmo un Padre Santo, ma un Padre eterno!», riferendosi all’allora 56enne Siri, potrebbe stavolta valere per entrambi.
Su Zuppi grava anche un legame un po’ troppo marcato con la Comunità di Sant’Egidio e questo potrebbe essere un ostacolo come fu per Angelo Scola, nel Conclave del 2013, quello con CL. Altro candidato progressista in ascesa sembrerebbe essere il segretario generale del Sinodo dei Vescovi, il maltese Mario Grech. Tornando al fronte opposto, quello dei conservatori, oltre al già citato Ortega, la terna più forte vede l’olandese Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, l’americano Timothy Dolan, arcivescovo di New York e, con meno chance ma molto seguito, il guineano Robert Sarah.

Lo stato attuale del mondo e le enormi divisioni nella Chiesa, fanno però ritenere più realistica l’ipotesi- soprattutto per scongiurare l’eventualità di un Conclave lungo e drammatico – che il prossimo Papa sarà frutto di un compromesso. E chi più dell’attuale Segretario di Stato, Pietro Parolin, potrebbe essere un pontefice di compromesso? Il capo della diplomazia vaticana è un moderato stimato da tutti per discrezione e voglia di non apparire, è un raffinato diplomatico e, pur nominato da Francesco, non è un bergogliano di stretta osservanza. Con un accordo sul suo nome, la fumata bianca potrebbe anche arrivare in tempi record.

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