“Noi non imbarchiamo le vostre armi per l’Ucraina” Proclamato lo stato di agitazione: il comunicato dei lavoratori dei Porti di Trieste e Monfalcone. Ancora una volta si confermano cittadini esemplari come ai tempi della vergogna del lasciapassare verde

tratto da L’Indipendente

A seguito della dichiarazione del Ministro delle Imprese e del Made in Italy Adolfo Urso, in un’intervista esclusiva a Ring, in cui ha parlato del ruolo chiave dei porti a nord dell’Adriatico per la questione Ucraina, l’USB del Friuli Venezia Giulia ha proclamato lo stato di agitazione nei Porti di Trieste e Monfalcone e chiesto immediati chiarimenti all’Autorità Portuale e ai Prefetti di Trieste e Gorizia.

“La dichiarazione recente del ministro Urso che vorrebbe Trieste come porto al servizio dell’Ucraina – scrivono nel comunicato stampa – trova USB perfettamente d’accordo ma su un’iniziativa organica che favorisca la ricostruzione di un paese martoriato dalla guerra, non per alimentare ancora morte e distruzione. Per USB è necessario un tavolo permanente di trasparenza e monitoraggio promosso dall’Autorità Portuale di Sistema, per essere messi a conoscenza del materiale bellico di passaggio, le destinazioni e la tipologia. Il porto di Trieste è e deve essere un porto di pace, di unione tra popoli! I portuali triestini non accetteranno mai di imbarcare armamenti ed esplosivi e noi come USB siamo pronti a dare copertura formale a tutti i portuali promuovendo uno sciopero permanente delle movimentazioni di materiale bellico.”

Non è la prima volta che i portuali scendono in campo contro guerra e armi. A giugno dello scorso anno il collettivo autonomo dei lavoratori portuali di Genova (CALP) si è mosso, proponendo a Bruxelles l’istituzione di una rete per la condivisione di informazioni sulle rotte delle armi, in modo da poter mettere in atto azioni concrete per contrastare un traffico che alimenta i conflitti tramite l’invio di strumenti di guerra.

Per il prossimo 25 febbraio, inoltre, sempre il CALP ha proposto una manifestazione nel capoluogo ligure, per protestare contro gli interessi economici e geopolitici che si nascondono dietro alle guerre e contro i governi dell’Unione Europea che hanno agito e agiscono «come burattini proni al diktat USA nell’inviare armi in Ucraina per far continuare il conflitto», senza impegnarsi in soluzioni diplomatiche a vantaggio dei popoli coinvolti.

tratto da Byoblu

Da quando il conflitto in Ucraina ha messo a rischio gli scambi commerciali nel Mar Nero, il porto di Trieste è tornato ad essere snodo centrale verso l’Europa Orientale. Le merci in arrivo e in partenza dal porto sono aumentate del 17%, ma oltre a cereali e prodotti metallurgici, si sono aggiunti alla lista anche i mezzi militari.

Armamenti di logistica e di offesa, esplosivi ed obici. Questo il carico, di ignota destinazione, che i portuali di Trieste e Monfalcone hanno avuto l’ordine di imbarcare. All’arrivo dall’informativa nella giornata del 2 febbraio è scattato immediatamente lo stato di agitazione. I lavoratori dei porti si rifiutano di imbarcare gli armamenti e supportati dal sindacato di base (USB) del Friuli Venezia Giulia, minacciano lo sciopero permanente.

Lavoratori contro la guerra

USB ha chiesto chiarimenti alle autorità competenti ed emanato proclamazione ufficiale dello stato di agitazione.

“Il sindacato ha già aperto una campagna contro il traffico di armi che sempre più attraversa i nostri porti, traffico che genera profitto sulla distruzione di vite e di stati, che getta gli stati in un’economia di guerra, fonte di impoverimento delle popolazioni nei paesi che partecipano ai conflitti, siano essi vincitori o vinti. USB del Friuli Venezia Giulia respinge l’idea che i nostri porti, Trieste e Monfalcone, possano diventare porti di guerra invece che porti di pace e di solidarietà” si legge nel testo.

Era già successo a Pisa

Non è questo il primo episodio di scontro governo-lavoratori sulla questione dell’invio di armi. Nel marzo dell’anno scorso anche l’aeroporto di Pisa è stato coinvolto in una partecipata mobilitazione. Allora si erano spacciate casse cariche di armi e munizioni per aiuti umanitari, provocando l’indignazione e lo stop dei dipendenti dell’aeroporto. Se in quel caso i mezzi militari erano chiaramente destinati all’Ucraina, a Trieste non è stato esplicitato il Paese di destinazione. Per quanto sia più che plausibile che il carico sia per Kiev, viste anche le ultime dichiarazioni del ministro Adolfo Urso che vorrebbe Trieste come “porto al servizio dell’Ucraina”, non è per niente scontato che il carico non faccia parte del normale commercio.

L’Italia e il traffico di armi

Come infatti già sottolineato dal sindacato, l’Italia sta spaventosamente aumentando il suo traffico di armi. Nel 2021 si è segnato il record storico di esportazioni, pari a 4,8 miliardi. Esportazioni spesso destinate a Paesi in situazioni sociali critiche, governati da autorità che non disdegnano l’uso della forza armata. D’altra parte resta comunque il sospetto che quegli obici destinati a Trieste siano proprio l’ennesimo invio di armi all’Ucraina.

Scavalca la censura di regime dei social. Seguici via Telegram, basta un clic qui >https://t.me/capranews

Total
46
Shares
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Previous Article

La rete della Tim 'down' in tutta Italia, e internet si blocca quasi ovunque da nord a sud: cosa sta accadendo

Next Article

"Ti facciamo schifo, ma sei diventata ricca proprio grazie a noi" Paola Egonu fa la piangina, per fortuna qualcuno pensa a rimettere in riga la nuova martire della feccia buonista

Related Posts