Omicidio David Rossi, finalmente sotto indagine i tre Pm che entrarono senza averne diritto nella stanza del dirigente Montepaschi subito dopo la sua morte

Simone Di Meo per “La Verità”

La Procura della Repubblica di Genova ha iscritto sul registro degli indagati i tre ex pubblici ministeri della Procura di Siena che effettuarono il sopralluogo nella stanza di David Rossi, l’ex capo della comunicazione di Mps, morto il 6 marzo 2013 dopo un tragico e misterioso volo dalla finestra del suo ufficio.

L’accusa ipotizzata dai pm genovesi nei confronti di Nicola Marini, Aldo Natalini e Antonino Nastasi è quella di falsità ideologica.

Per aver omesso – scrivono negli atti d’inchiesta – di attestare «nel verbale di esecuzione di decreto di perquisizione della stanza già in uso al citato David Rossi, ispezione informatica e sequestro probatorio formato nell’esercizio delle loro funzioni» un primo sopralluogo informale, effettuato prima dell’arrivo della polizia scientifica.

Nell’invito a comparire, inviato ai tre colleghi, il procuratore aggiunto di Genova, Vittorio Ranieri Miniati, ricorda infatti come «nelle ore precedenti ed in particolare dalle ore 21,30 sino a circa mezzanotte del giorno precedente» i tre inquirenti «avevano già fatto ingresso nella predetta stanza, prima che la stessa venisse fotoripresa dal personale della polizia scientifica ed ivi avevano manipolato e spostato oggetti senza redigere alcun verbale delle operazioni compiute e senza dare atto del personale di PG (polizia giudiziaria, ndr) che insieme a loro aveva proceduto a detto sopralluogo».

Marini, Nastasi e Natalini dovranno quindi presentarsi in Procura a Genova il 16 novembre prossimo. Quel primo sopralluogo informale è da sempre uno dei cardini della principale accusa mossa ai magistrati senesi dai sostenitori dell’ipotesi dell’omicidio: quella dell’alterazione della scena del crimine.

A partire dall’aver tirato fuori dal cestino della spazzatura i tre biglietti con cui David Rossi avrebbe detto addio alla sua compagna, Antonella Tognazzi. I messaggi, che secondo una perizia della parte civile potrebbero essere stati scritti sotto costrizione, vennero ricomposti dai pm all’interno di un libro.

Uno dei magistrati avrebbe anche attivato il monitor del computer muovendo il mouse. Tutto non verbalizzato, secondo l’ipotesi di reato adesso contestata. Ma nella relazione tecnica della polizia scientifica di Siena, redatta il 21 marzo 2013 dall’assistente Federica Romano, la questione dei bigliettini era formalizzata e quindi finita agli atti: «Durante il sopralluogo i Pm intervenuti hanno mostrato, per documentarle, tre lettere lasciate probabilmente dal signor Rossi e rinvenute nel cestino della spazzatura dell’ufficio da loro stessi quando hanno effettuata una prima ispezione».

Già nel dicembre scorso, dopo la trasmissione da parte della commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte del manager del Montepaschi di alcuni verbali resi in aula da alcuni testimoni, tra cui il colonnello dei carabinieri Pasquale Aglieco, che aveva dichiarato di aver assistito personalmente all’inquinamento della scena da parte di tre magistrati, la Procura di Genova aveva aperto un primo fascicolo, a modello 45, ovvero senza iscrizione di indagati o di ipotesi di reato.

A poco meno di un anno di distanza, dopo che due poliziotti sentiti dall’aggiunto avrebbero confermato in parte la versione di Aglieco, che invece secondo i 3 sostituti procuratori non era presente nella stanza, lo scenario si è ribaltato.

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