Zanda: “Il partito teniamocelo stretto. Conte vuole azzerarci e prendersi i voti
Giovanna Casadio per “la Repubblica”
«Conte, come Renzi e Calenda, vogliono disintegrare il Pd per prenderne i voti». Luigi Zanda, ex capogruppo ed ex tesoriere dem, non si è ricandidato. Chiede una rifondazione del Pd, ma non come operazione di marketing, né scopiazzando le politiche sociali «alla Achille Lauro a Napoli» dei 5Stelle.
Zanda, il Pd è bene che si sciolga dopo la sconfitta elettorale?
«Il Pd è un partito indispensabile per il sistema politico e la democrazia italiana. Nei suoi 15 anni di vita ha avuto 4 scissioni e nessuno ne ha preso il posto, nonostante questa fosse l’idea di chi ha provocato quelle scissioni. Miglioriamolo, rinnoviamolo, correggiamone la rotta, ma me lo terrei stretto».
Vale la pena però fare un processo costituente magari cambiando nome e simbolo?
«Cambiare nome e simbolo sono fatti di marketing, anche la politica fa marketing, certo. Ma ora il Pd deve riflettere sulla sua natura e sul suo orizzonte, non affidarsi a un grafico per un nuovo simbolo».
Cresce nel Pd la corrente dei demogrillini, di chi invita a un’alleanza con i 5S.
«Lo vogliamo capire che Conte, come Renzi e Calenda, vogliono disintegrare il Pd per prenderne i voti? Lo ripetono tutti i giorni. Il Pd dovrebbe sciogliersi e mandare allo sbando il sistema politico italiano per l’egoismo di Conte, Renzi e Calenda? Non scherziamo! Il Pd non è una costola dei 5S, che hanno dimezzato i loro voti del 2018. Ci vuole l’astuzia acrobatica di Conte per fare passare una sconfitta per una vittoria».
E il richiamo di Speranza a un’intesa con i 5Stelle?
«Articolo uno, il partito di Speranza, è un alleato naturale del Pd. Stimo Roberto, non ero d’accordo con la scissione. Mi fa piacere che ora si occupi del congresso del Pd, ma sarebbe utile che un congresso lo facesse il suo partito. Il prossimo congresso è il congresso del Pd. È il Pd che, anche con apporti esterni, deve riflettere su se stesso e sarebbe grave se la riflessione si fermasse alle alleanze, liste elettorali e posti di governo, perché è così che il Pd ha perso molto del suo prestigio».
Tra i demogrillini c’è anche Rosy Bindi, fondatrice del Pd.
«Allo scioglimento ripeto no. Sui grillini di Conte una osservazione. La loro politica sociale finora è stata la politica dei ristori e sovvenzioni, un po’ alla maniera del vecchio Achille Lauro a Napoli. Può il Pd mettersi a scopiazzare politiche assistenziali in deficit di bilancio? O sarebbe meglio discutere di come creare lavoro, migliorare le scuole, mantenere alti i livelli della sanità. Per allearsi con i 5S servono lavoro politico e buonafede».
In una situazione drammatica dal punto di vista internazionale, economico, con il governo della destra di Meloni, il Pd cosa fa?
«Il Pd deve ripercorrere le fasi che stanno portando al governo Meloni e valutare i propri errori con uno sguardo al futuro. La Russia sta perdendo la guerra in Ucraina e minaccia la terza guerra mondiale. In Iran è in atto una vasta rivoluzione contro un regime tirannico. A casa nostra Meloni propone il presidenzialismo e Salvini le autonomie differenziate.
Dalle risposte ai cambiamenti epocali emergerà il nuovo Pd. Poi parleremo anche di alleanze e di nomi. Non ho obiezioni su un congresso nella primavera 2023, però bloccherei le iscrizioni al partito per impedire la solita corsa alle tessere. Così come sconsiglio che venga candidato alla segreteria chi vorrà iscriversi al Pd nelle ultime settimane».
Come Schlein? Mentre preferirebbe Bonaccini?
«Non faccio nomi».
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