“Si è sempre saputo che non avrebbe funzionato” Vaccino, parla il ricercatore italiano maggiormente esperto in materia

L’inventore del farmaco contro tutte le varianti: “La verità sui limiti dei vaccini a mRna”

La rivelazione di Maurizio Zanetti, ricercatore dell’Università della California a San Diego

tratto dal blog di Nicola Porro

I limiti dei vaccini a mRna – che pure “hanno impedito il collasso dei sistemi sanitari dei nostri Paesi” – erano noti da subito, ma si è deciso di puntare su di essi essenzialmente perché la tecnologia era già pronta per essere impiegata dalle case farmaceutiche. Parola di Maurizio Zanetti, ricercatore dell’Università della California a San Diego, intervistato ieri da Alessandro Rico sulla Verità.

Il nuovo vaccino anti Covid

Zanetti e il suo team hanno scoperto un metodo alternativo per costruire vaccini anti Covid, basato sul Dna plasmidico – di origine batterica – e non sull’Rna messaggero: con questo sistema, è possibile aggredire il “sito di vulnerabilità” del Sars-Cov-2, cioè la regione della proteina Spike che non muta e bloccare la trasmissione di qualsiasi variante. In più, il farmaco messo a punto negli Usa, sperimentato finora solo sui topi, potrebbe essere prodotto sotto forma di pillole, tranquillamente utilizzabili in casa, senza particolari precauzioni per la loro conservazione (“il Dna”, ha spiegato Zanetti alla Verità, “si conserva perfettamente”, anche per dieci anni).

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I difetti dei vaccini a mRna

Il prof ha sottolineato che i fautori di questo meccanismo sono in competizione quasi trentennale con i sostenitori dell’mRna, i quali invero, fino ad oggi, avevano sperimentato con scarso successo questa tecnologia: “Nel 2018”, ha ricordato Zanetti, “Curevac pubblicò dati che dimostravano come mRna, iniettato in volontari, non inducesse una risposta immunitaria anticorpale significativa”. Il principale difetto di questi preparati è che stimolano una reazione “eccessiva contro siti irrilevanti alla protezione”: il sistema immunitario viene spinto a “rispondere a tutto, indistintamente”.

Come funziona la pillona a Dna

Il principio in base al quale funzionerebbe la pillola a Dna, invece, è che “il sistema immunitario gradisce essere educato progressivamente e non aggredito”. Quello che accade con questa sorta di panvaccino, dunque, è che si genera una risposta “concentrata e mirata contro il sito di vulnerabilità”, educando “il sistema immunitario a vedere quello che è davvero rilevante”. Come mandare “forze speciali” al posto di interi plotoni con missili e artiglieria.

Chicca finale: niente effetti collaterali gravi come le miocarditi e niente richiami ravvicinati, ogni 4-6 mesi, come con i vaccini a mRna: “La memoria immunologica si conserva fino a due anni”. Era forse questo il vero jolly che aspettavamo? È arrivato il momento di smitizzare un po’ i medicinali che ci hanno propinato per un anno e mezzo, come fossero la soluzione definitiva a un problema che hanno mitigato, ma non eliminato?

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