Grazie a questo cavillo senza senso la soldatessa Usa che da ubriaca investì e uccise il 15enne Giovanni Zanier non farà nemmeno un giorno di galera

Giovanni Zanier stava tornando a casa a piedi, lungo una pista ciclabile a Porcia.

(ANSA) Aveva soltanto 15 anni e quella notte, tra il 20 e il 21 agosto del 2022, era stato in discoteca. Aveva avuto il permesso dei genitori di recarsi in un locale della prima periferia cittadina, dove d’estate si balla nel giardino. Assieme all’indicazione dell’orario di ritorno, gli era stata data un’unica prescrizione, ma inderogabile: il rientro a piedi, vietato accettare passaggi da chicchessia. Una precauzione vana. Poche ore dopo, il ragazzo venne investito e ucciso mentre stava camminando lungo la ciclopedonale. Un percorso protetto, con tanto di cordolo che separa dalla corsia per le auto. Ma non ci fu scampo di fronte a quell’automobile impazzita che lo centrò in pieno all’altezza di una rotatoria. Con il 15enne c’era anche un amico, che camminava vicino a lui conducendo una bici a mano: nell’impatto venne sfiorato e rimase illeso.

Oggi il Tribunale di Pordenone ha condannato a 2 anni e 6 mesi di reclusione la soldatessa americana di 21 anni, Julia Bravo, in servizio alla Base Usaf di Aviano, che quella notte si trovava alla guida della vettura. La pena è stata sospesa. Non è stata riconosciuta l’aggravante della guida in stato di ebbrezza in quanto il test alcolemico, che aveva dato esito positivo, con un tasso molto elevato di 2,09, era stato effettuato sulla donna oltre due ore dopo l’incidente.
La giovane aviere si era subito fermata a prestare soccorso: appariva sotto choc, ma anche visibilmente alterata. Secondo la ricostruzione dei carabinieri, quella notte Bravo accelerò una volta giunta nei pressi della rotatoria, della cui presenza sostenne di non essersi accorta per l’assenza di illuminazione. I periti hanno stabilito che il veicolo aveva affrontato quel tratto ad almeno 65 chilometri orari.
Nei mesi scorsi era stato trovato l’accordo risarcitorio attraverso l’assicurazione Usaf che copre la responsabilità civile per i militari americani. Subito dopo l’incidente, la donna venne posta agli arresti domiciliari all’interno dello stanziamento militare, misura poi ridotta all’obbligo di dimora. Le autorità americane hanno sempre fornito la massima collaborazione agli investigatori. Nel corso della prima udienza del processo, Julia Bravo aveva preso la parola in aula e aveva raccontato della propria disperazione: “Quella notte sarebbe stato meglio se fossi morta io”.

COSI’ PARLAVA LA MADRE DI GIOVANNI DUE ANNI FA

Estratto dell’articolo di Luana de Francisco per “la Repubblica”

«Voglio giustizia e la voglio qui, in Italia. Poi, se riterranno, la processino anche nel suo Paese. So che niente mi restituirà mio figlio. Ma chi lo ha ucciso deve essere condannato dal nostro tribunale e scontare per intero la pena».

Barbara Scandella è la mamma di Giovanni Zanier, il quindicenne investito mortalmente alle 2.30 della notte tra sabato e domenica scorsi, mentre rincasava a piedi dalla discoteca, a Porcia, alle porte di Pordenone, dall’auto condotta da Julia Bravo, 20 anni, aviere americana da qualche mese alla vicina base Usaf di Aviano, dove si trova sottoposta agli arresti domiciliari per omicidio stradale.

A vigilare sul rispetto della misura, in attesa dell’udienza di convalida che sarà celebrata stamani, sono i carabinieri e la polizia militare Usa del 31° Fighter wing. Ieri, intanto, la sua posizione si è aggravata. Gli esami tossicologici hanno confermato che l’indagata si era messa al volante ubriaca: 2,09 grammi di alcol per litro di sangue, ossia quattro volte il consentito.

Signora Barbara, come mai suo figlio era in giro a quell’ora?

«L’avevo accompagnato in discoteca e per il rientro aveva detto che si sarebbe arrangiato. Era in compagnia di altri amici, ma come tante altre volte sapeva che avrebbe potuto chiamarmi a qualsiasi ora della notte. Io c’ero sempre per lui. Sabato sera, però, avevano deciso di spostarsi a casa di un altro ragazzo e si erano incamminati a piedi».

L’auto lo ha travolto mentre spingeva la bici di un amico lungo la pista ciclabile. Pensa che abbia pesato il fatto che la rotonda fosse al buio per le politiche di risparmio energetico decise dal Comune?

«Forse, con un po’ di luce, Giovanni avrebbe potuto accorgersene e spostarsi. Ma il problema è che l’auto correva: le indagini hanno accertato che all’approssimarsi della rotatoria ha aumentato la velocità, perdendo il controllo e finendo addosso a mio figlio. Avrebbe potuto frenare».

Il procuratore di Pordenone ha evidenziato come la conducente potrebbe ottenere di essere processata negli Usa. Lo sapeva?

«Sì e faremo di tutto, anche con il nostro avvocato, per evitarlo. Pretendo che sia l’Italia a giudicarla, infliggendole quanto si merita. E pretendo anche che, una volta condannata, resti in carcere per tutta la durata della pena. Anche se devo ammettere che, con quello che si sente, non ho grande fiducia».

Vi aspettate un risarcimento?

«Nessuna cifra potrà colmare la perdita di nostro figlio. Ma se ci sarà, con quei soldi esaudirò un sogno di Giovanni: comprare un appartamento al mare, a Lignano o a Bibione, che tanto amava, per perpetuarne la memoria».

I vertici della base Usaf di Aviano vi hanno inviato un messaggio di cordoglio. Potrà mai perdonare la responsabile?

«Non si perdona una cosa così. Tanto meno per come è accaduta. Una testimone che guidava dietro la donna ha detto di averla vista zigzagare e ora sappiamo che si era messa al volante in quello stato. Mio figlio era pieno di amici e adesso lo stanno piangendo tutti».

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