Il primo vaccinato a Napoli contro il cancro? Una grandissima balla: non lo hanno guarito. Hanno semplicemente usato come cavia un medico collaborazionista per la sperimentazione

Questo articolo è molto interessante per comprendere come funziona nei modi e nei tempi la sperimentazione di un farmaco.
Oggi dopo tre anni osserviamo soggetti con le più svariate problematiche, altri misteriosamente deceduti, e altri che stanno benissimo.
Non aggiungo altro per non urtare la sensibilità di nessuno.
P.S. Non è un vaccino!!!
Buona lettura (tratto da Corriere.it)
Un vaccino anti cancro, “costruito” come alcuni di quelli usati per combattere il Covid, specifico per curare il melanoma, è stato somministrato per la prima volta in Italia, in via sperimentale. L’importante novità arriva dall’Istituto dei tumori Pascale di Napoli. Il primo paziente italiano entrato nella sperimentazione di fase III, seguita a Napoli dall’oncologo Paolo Ascierto, è Alfredo De Renzis, 71 anni, anche lui medico: «Era doveroso per dare un contributo alla ricerca, ma anche perché confido in questa cura».
Per l’Irccs partenopeo si tratta di un traguardo importante che conferma il suo ruolo di primo piano nella ricerca sui vaccini antitumorali. Anche se, come precisa Ascierto «ci vorrà qualche anno prima di avere i risultati di quest’ultima fase dello studio clinico, la fase III».
Cauto ottimismo, quello dell’oncologo primo al mondo per la cura del melanoma, visto anche che l’Italia è stata esclusa dalla sperimentazione di fase I e II, ma anche grande entusiasmo: «La nostra speranza è quella di poter dare una nuova e più efficace opzione terapeutica a quanti più pazienti possibili. Ed è per questo che oggi è un grande giorno».
«Il vaccino, prodotto da Moderna – spiega Ascierto – si basa sulla stessa tecnologia adottata per quelli contro il Covid, cioè utilizzando mRNA sintetici progettati per ‘istruire’ il sistema immunitario a riconoscere specifiche proteine, chiamati ‘neoantigeni’, che sono espressione di mutazioni genetiche avvenute nelle cellule malate. Il suo scopo non è quello di prevenire la malattia, ma di aiutare e supportare il sistema immunitario dei pazienti a riconoscere e ad attaccare più efficacemente il tumore. Certo, essendo una sperimentazione a ‘doppio cieco’ potremmo trovarci di fronte ad una dose di placebo. Secondo protocollo, infatti, né il paziente né l’oncologo sanno cosa gli è stato iniettato. Lo sapremo alla fine della sperimentazione».

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