Strage in miniera il crollo di una galleria travolge e uccide 73 operai in Mali. Erano gli schiavi delle multinazionali occidentali

«C’erano più di 200 minatori. Ora le ricerche sono terminate. Abbiamo trovato i corpi», ha riferito uno dei leader dei lavoratori. Indagini sulle misure di sicurezza. Dal metallo il 10% del Pil
Nell’indifferenza totale, quasi una settimana più tardi, alla fine la notizia è “uscita”. Più di 70 persone sono rimaste uccise dal crollo di un tunnel in un sito di estrazione dell’oro nel Mali occidentale, come hanno dichiarato mercoledì il leader di un gruppo di minatori e un consigliere locale. «È iniziato con un rumore. La terra ha iniziato a tremare. C’erano più di 200 minatori. Ora le ricerche sono terminate. Abbiamo trovato 73 corpi» ha dichiarato Oumar Sidibé, leader dei minatori che che cercano l’oro a Kangaba. Il numero delle vittime è stato confermato da un consigliere locale che haffermato che solo oggi sono state concluse, senzqa esito, le ricerche di altri «corpi o sopravvissuti». Il Mali, che è tra i Paesi più poveri del mondo, è uno dei principali produttori d’oro dell’Africa. I siti di estrazione dell’oro sono regolarmente teatro di frane mortali e le autorità lottano per controllare l’estrazione artigianale del metallo prezioso.

Il governo ha offerto le sue «più sentite condoglianze alle famiglie in lutto e al popolo maliano». Ha inoltre (letteralmente) invitato «le comunità» che vivono nei pressi dei siti minerari e i cercatori d’oro a «rispettare scrupolosamente i requisiti di sicurezza e a lavorare solo all’interno dei perimetri dedicati alla ricerca dell’oro». L’estrazione dell’oro nella regione del Sahel è un’attività pericolosa. Nel febbraio 2022, almeno 59 persone sono rimaste uccise nel Burkina Faso sudoccidentale in seguito all’esplosione di una pila di dinamite in un sito di estrazione artigianale dell’oro. Incidenti minerari vengono regolarmente segnalati anche in Guinea, Senegal e Mali occidentale.
Il Mali ha prodotto 72,2 tonnellate d’oro nel 2022 e il metallo ha contribuito al 25% del bilancio nazionale, al 75% dei guadagni delle esportazioni e al 10% del PIl, ha dichiarato l’allora ministro delle miniere Lamine Seydou Traore nel marzo dello scorso anno. Da quando hanno preso il potere nel 2020, i leader militari del Mali si sono impegnati a ripristinare la sovranità e a consentire al Paese di trarre vantaggio dalle sue ricchezze naturali. Ad agosto è stato adottato un nuovo codice minerario che consente allo Stato di assumere una partecipazione fino al 30% in nuovi progetti.
Il governo ha dichiarato che la mossa dovrebbe portare almeno 500 miliardi di franchi Cfa (830 milioni di dollari) al bilancio statale annuale. Il settore minerario del Mali è dominato da gruppi stranieri, tra cui le canadesi Barrick Gold e B2Gold, l’australiana Resolute Mining e la britannica Hummingbird Resources, che continuano a operare nonostante l’instabilità politica che affligge il Paese da anni. Ma anche le miniere artigianali continuano a prosperare e ad attrarre migliaia di cercatori d’oro.

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