Salari proporzionati al fatturato: c’è una nazione dove i camerieri guadagnano più dei manager. Il caso della Svizzera

C’è un paese dove i camerieri guadagnano più dei manager (e sono tutti felici)
Per sopperire alla carenza di manodopera due imprenditori hanno deciso di pagare i dipendenti sulla base del fatturato mensile registrato nei propri locali, arrivando a sborsare fino a 16.500 franchi al mese per un cameriere. Il boom del turismo potrebbe cambiare gli stipendi degli stagionali anche in Italia?

Salari proporzionati al fatturato in Svizzera

Se in Italia un cameriere con un regolare contratto di lavoro guadagna non meno di 1.300 euro lordi al mese, in Svizzera riceve molto di più: 3.750 franchi svizzeri (quasi 4mila euro), ma bisogna considerare che lì il costo della vita è molto più alto. In alcuni locali però la paga si aggira tra gli 8.000 e i 12.000 franchi svizzeri al mese (8.350 – 12.500 euro circa), con mance a parte, cifre record che fanno gola a tutti. Succede nelle catene di ristorazione Michel Péclard e Florian Weber (16 in tutto), molto conosciute oltre il Gottardo, dove i salari della manodopera variano in funzione del fatturato. Per essere più precisi, cameriere e camerieri guadagnano tra il 7 e l’8% dell’incasso mensile al netto dell’Iva, a seconda del locale.

Michel Péclard ha rivelato a un settimanale svizzero che il salario più alto versato finora è stato di 16.500 franchi. Si tratta di un’eccezione, ha specificato l’imprenditore ricordando che stiamo assistendo a un periodo molto positivo per il turismo. Sicuramente si tratta della cifra più alta percepita al mondo da un cameriere. A conti fatti, però la remunerazione di un addetto al servizio ai tavoli in un ristorante in riva al lago di Zurigo supera di gran lunga quella di un manager laureato, rendendo molto attraente un lavoro snobbato da molti negli ultimi tempi.

Quanto guadagna un cameriere in Italia

In Italia la situazione è molto diversa, soprattutto per gli stagionali, come emerge anche dalle inchieste di Today.it realizzate da Chiara Tadini, Charlotte Matteini e Christian Donelli, che hanno più volte raccontato le esperienze da incubo di queste categorie di lavoratori. La fotografia scattata sulla riviera romagnola, solo per fare un esempio, è questa: turni di 60 ore settimanali, straordinari gratis e parte della paga in nero, con offerte di lavoro che arrivano a 3 euro l’ora. Stiamo parlando di circa 800 euro al mese per 10 ore di lavoro, che poi nei weekend diventano 14. E il giorno libero? Non esiste.

Cosa cambia con la fine del reddito di cittadinanza

Da tempo assistiamo alla solita querelle: lavoratori stagionali che denunciano condizioni di lavoro proibitive a fronte di una busta paga da schiavi; imprenditori che continuano a dare la colpa della carenza di manodopera al reddito di cittadinanza, sostenendo che i “giovani non hanno più voglia di lavorare” e “non vogliono fare la gavetta”. Ora però siamo a un punto di svolta, perché il governo Meloni ha deciso di mettere la parola fine al reddito di cittadinanza. Cosa succederà?

Probabilmente gli imprenditori disonesti smetteranno di lamentarsi perché troveranno qualcuno che per ‘tirare a campare’ sarà costretto ad accettare paghe da fame (a meno che non scattino i tanto annunciati e necessari controlli sulle condizioni di lavoro). Peccato, però, perché in Italia ancora troppi pochi manager hanno capito quanto sia importante la soddisfazione economica dei dipendenti. Eppure a maggio l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, dopo aver annunciato profitti record ha dichiarato di voler introdurre la partecipazione dei dipendenti agli utili. “Ho chiesto al nostro interno di studiare questa possibilità, la vedrei bene”. Insomma per il momento questa mentalità è ancora poco diffusa in Italia, ma qualcosa sta cambiando.

Partecipazione dei dipendenti agli utili: perché conviene

In Italia, specie nel settore della ristorazione e del turismo, siamo ancora molto lontani dai salari proporzionati agli utili della Svizzera. Eppure secondo alcuni esperti il salario parametrato al fatturato rappresenta un vantaggio per tutti, vediamo perché. Niente di nuovo, si chiama partecipazione agli utili dell’azienda, esiste da sempre ma viene contemplata solo per le figure apicali delle imprese, per manager e top manager. E se fosse applicata a tutti i lavoratori? L’idea spaventa soprattutto gli imprenditori, ma secondo gli esperti si tratta di una soluzione che avvantaggia entrambe le parti. I dipendenti fanno del loro meglio per far sì che l’azienda guadagni, mentre gli imprenditori non devono sopportare costi aggiuntivi. A causa del forte incremento del fatturato, infatti, i costi del personale, anche se più elevati, risultano percentualmente inferiori a prima.

In Svizzera, però, non sono tutti d’accordo. “Ci hanno già rimproverato di distorcere il mercato”, ha dichiarato Péclard mentre i sindacati pur non essendo contrari sostengono che questo modello non può essere adottato in tutti gli ambiti, perché ci sono troppo inconvenienti. Nel caso della ristorazione e del turismo i benefici sono piuttosto evidenti, visto che il personale è sempre a contatto con il pubblico e che il servizio è una parte fondamentale del gradimento della clientela. Con più sorrisi e disponibilità da parte dei camerieri il fatturato cresce, portando un vantaggio economico indiretto anche ai dipendenti, in una spirale che si autoalimenta. “I nostri impiegati – chiosa Michel Péclard – lavorano come se l’azienda non ci appartenesse ma appartenesse a loro”, questo il vero segreto del successo della misura che ha risolto tutti i problemi di carenza di personale dell’imprenditore.

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