Omicidio di Giulia Cecchettin, la scoperta agghiacciante sull’assassino: troppi particolari fanno diventare sempre più forte l’ipotesi della premeditazione

Mentre è già stata avviata la procedura per l’estradizione in Italia di Filippo Turetta, fermato in Germania in esecuzione del mandato di arresto europeo firmato dalla Procura di Venezia, è forte il sospetto che lo studente universitario abbia premeditato l’omicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin.

La scomparsa di Giulia e Filippo

L’11 novembre, su tutti i giornali, rimbalza la notizia della scomparsa di due giovani fidanzati: Giulia e Filippo. Si attivano le ricerche con gli appelli disperati dei genitori. All’inizio, non viene azzardata alcuna ipotesi ma, con il passare delle ore, il dubbio si insinua. E qualcuno getta ombre sul “bravo ragazzo” Filippo. Si tratta di Elena, la sorella di Giulia. “Non sono sorpresa, Filippo era pericoloso”, avrebbe detto la ragazza poco dopo il rinvenimento del cadavere di Giulia. Nel frattempo, viene ricostruito l’itinerario compiuto dalla macchina del ragazzo, una Fiat Punto di colore nero, e il procuratore invita il 22enne a costituirsi. E, soprattutto, salta fuori quel video terribile, in cui si sentono le urla della povera Giulia: “Mi fai male”.

La maschera del “bravo ragazzo” cade definitivamente, senza più dubbio alcuno, quando l‘ispezione cadaverica esterna, eseguita dal medico legale Antonello Cirnelli, restituisce un altro pezzo di verità: Giulia Cecchettin è stata uccisa con diverse coltellate che l’hanno colpita alla testa e al collo. La studentessa di Ingegneria biomedica presentava anche numerose ferite da difesa alle mani e alle braccia. Giulia è stata poi abbandonata sul ciglio della strada e lasciata rotolare lungo un dirupo per una cinquantina di metri, fino a quando il corpo si è fermato in un canalone nella zona del lago di Barcis. Mentre in Italia saliva la rabbia e l’indignazione per l’ennesimo femminicidioTuretta sembrava un fantasma. Fino a ieri sera si sapeva che la macchina era passata in Austria, perché la targa era stata registrata dal targa-system a Lienz, nel Tirolo orientale. In realtà, gli inquirenti sapevano di più, molto di più, ma hanno lavorato nel riserbo più assoluto, per non far trapelare nulla che potesse compromettere l’esito delle indagini.

La fuga verso la Germania: il confine raggiunto con un itinerario complesso

Turetta è stato infatti arrestato nella notte tra sabato e domenica vicino Lipsia, in Sassonia, bloccato in auto sull’autostrada A9 all’altezza della cittadina di Bud Durremberg. Se il suo obiettivo era raggiungere il comune a 20 chilometri dal confine italiano, pare che la sua Fiat Grande Punto nera abbia fatto un giro molto largo, poiché è stata vista alle 9.07 di domenica scorsa lungo la Alemagna nei pressi di Ospitale, una località vicina a Cortina d’Ampezzo distante un’ora di macchina da Lienz.
Non ha prelevato denaro, né si sa dove abbia mangiato dormito durante questa settimana. Una telecamera di sorveglianza, nella famosa località sciistica delle Dolomiti, lo ha però ripreso mentre faceva il pieno di benzina in una stazione di servizio, dove ha pagato in contanti alla cassa automatica.

Le banconote sporche di sangue, il kit di sopravvivenza e il coltello

Pochi giorni dopo il suo passaggio, il titolare dell’impianto ha ritirato il denaro e si è accorto che una delle banconote presentava macchie simili a sangue: polizia e carabinieri di Belluno hanno acquisito le prove e dovranno verificare che le tracce ematiche appartengano a Giulia. Nel frattempo, dal computer è emerso anche che Filippo aveva cercato online come reperire un kit di sopravvivenza, oltre a percorsi e mappe del Tirolo. Tutti questi elementi fanno propendere gli investigatori verso l’idea che il rapimento e l’omicidio di Giulia fossero stati preparati da tempo. Si stanno inoltre facendo analisi su un tipo di scotch trovato a casa Turetta, per capire se era dello stesso tipo trovato nel piazzale in cui Giulia è stata trovata. L’ipotesi che Turetta abbia premeditato il delitto di Giulia, si fa sempre più concreta: il possibile cambio di vestiti, l’utilizzo di contante in quantità e la detenzione, fin dalla partenza in Italia, di un coltello, hanno portato gli inquirenti a credere che fosse tutto organizzato.

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